L’eredità di Manute Bol, il ruolo di Luol Deng, la guerra e la povertà: per il Sud Sudan non è solo basket

Home Nazionali World Cup 2023

Il Sudan del Sud è sicuramente una delle squadre più interessanti che si affacciano al Mondiale di basket 2023. Per la pressoché totale inesperienza a certi livelli, per i mezzi fisici clamorosi, per tutta la (breve) storia che questa nazionale si porta con sé. Parliamo di una nazione poverissima, probabilmente la più povera del mondo, flagellata da anni di guerra civile, emigrazione forzata e disuguaglianze sociali pazzesche.

Credits FIBA

La leggenda di Manute Bol

All’interno di un contesto del genere le storie di umanità e sport s’intrecciano inevitabilmente. Manute Bol è la prima leggenda del Sud Sudan, un uomo che grazie al basket è riuscito a trovare fortuna negli Stati Uniti ma che ha sempre cercato di aiutare il suo Paese. Ha speso praticamente tutto ciò che ha guadagnato per combattere la povertà dei suoi connazionali, ha fatto costruire più di 40 scuole, ha cercato per anni di mediare tra le varie fazioni che si odiavano e si massacravano a vicenda per motivazioni etniche, economiche o religiose. Un vero e proprio Nelson Mandela del Sudan. Che ha dovuto anche sperimentare la prigionia per mano dell’ex dittatore Al Bashir.

L’eredità raccolta da Luol Deng

Si è rifugiato prima negli Stati Uniti, da dove ha continuato a operare per il suo Paese, ma prima ancora in Egitto. Ed è proprio qui che ha avuto anche il merito di essere il primo a mettere un pallone da basket nelle mani di Luol Deng, anche lui in un campo profughi nel Nord Africa. Un ideale passaggio di consegne che si sarebbe rivelato molti anni dopo. Deng, infatti, ha affinato le sue doti in Gran Bretagna e soprattutto negli Stati Uniti, dove ha dato spettacolo con i Chicago Bulls. Anche se negli Stati Uniti adesso lo ricordano soprattutto (e ingiustamente) per aver percepito per anni lo stipendio dai Los Angeles Lakers pur essendo di fatto un ex giocatore.

Deng, però, ha idealmente raccolto l’eredità di Manute Bol, adoperandosi anche lui nel suo Paese e facendolo emergere nel mondo del basket. Nel 2019, alle deposizione di Al Bashir, ha deciso di prendere in mano la pallacanestro del Sud Sudan. Ha iniziato una intensa opera di reclutamento, richiamando quei giocatori sparsi nel mondo che grazie a lui hanno potuto riconoscere nel Sudan del Sud la loro patria, anche dopo aver aderito alle nazionali dei Paesi che li avevano accolti. Il contesto è quello di uno stato con l’altezza media fra le più elevate al mondo, mezzi fisici straordinari ma essenzialmente rurale, con un endemica carenza di infrastrutture. Ci sono pochissimi campi al chiuso, nessuno di essi può essere definito un palasport. Ma questo non ferma i sudanesi che nel 2021 arrivano ai quarti di finale di Afrobasket e nelle qualificazioni al Mondiale (in Africa ci sono le finestre perciò non hanno mai giocato in casa) dominano vincendo 11 partite su 12. Deng è un factotum: contatta i giocatori, organizza le trasferte, spesso finanziate di tasca sua. Come qualche mese fa, dopo aver staccato il pass per la World Cup, quando ha pagato a tutta la squadra il volo di ritorno verso Giuba. Per molti ragazzi era il primo ritorno a casa dopo decenni, ad aspettarli c’erano 7mila tifosi. Per tante persone del Sud Sudan il basket è la prima occasione di riscatto agli occhi del mondo, una rara opportunità di segnalare la propria presenza anche a chi non si occupa di geopolitica. Ah, per non farsi mancare nulla Deng ha pure allenato la squadra per le ultime due partite di qualificazione, quelle decisive, visto che il coach Royal Ivey non era stato liberato dai Brooklyn Nets.

Il roster

Numi Omot (Credits: FIBA)

Il campionato australiano, sempre più competitivo, è la prima fonte cui il Sud Sudan può attingere. Qui ci sono un ventina di giocatore sudanesi, impegnati settimanalmente in un torneo molto allenante. Fra di essi il capitano Kuany Kuany e Mangok Mathiang, nel 2019 dominatore assoluto della Serie A con Cremona (trascinata alla vittoria della Coppa Italia) ma poi limitato da diversi infortuni. La stella sarà Wenyen Gabriel dei Los Angeles Lakers ma ci sono anche altri giocatori del sottobosco NBA da tenere d’occhio, come il playmaker Carlik Jones (Chicago Bulls ma soprattutto Windy City in G-League) e Numi Omot, finora impegnato solo nella lega di sviluppo ma mattatore nelle qualificazioni. Deng ha reclutato anche due giocatori che nelle giovanili avevano difeso i colori del Canada, vale a dire Emmanuel Akot (che gioca a Ottawa) e Marial Shayok, visto anche al Fenerbahce. Peccato per l’assenza di JT Thor degli Charlotte Hornets e soprattutto di Bol Bol, reduce dalla sua miglior stagione in carriera con gli Orlando Magic. La presenza del figlio di Manute, oltre ad accrescere notevolmente il tasso tecnico della squadra, sarebbe stata di sicuro molto significativa. Anche così, però, il Sudan del Sud porta con sé un livello di coinvolgimento emotivo straordinario e ha un roster molto interessante, candidato a possibile sorpresa della competizione.

Le prospettive

Le amichevoli sono state interlocutorie. Con il Brasile è arrivata una sconfitta di 10 punti, maturata solamente nell’ultimo quarto. Poi le affermazioni convincenti con il Venezuela e con la Giordania, squadre non di prima fascia ma che comunque hanno staccato il biglietto per il Mondiale. In mezzo la sconfitta, abbastanza netta, con un top team come l’Australia. Le possibilità di vederli al secondo turno comunque sono concrete, visto il tasso non irresistibile del Gruppo B. La Serbia sembra oggettivamente di un altro livello, pur con tutte le assenze, ma il Porto Rico e la Cina che abbiamo visto contro l’Italia non sembrano avversari irresistibili. Ecco che allora potrebbe esserci anche l’incrocio con gli Azzurri nella seconda fase. Ma di questo se ne parlerà a tempo debito. Al momento per il Sud Sudan, vista la sua storia recente come squadra e quella decennale del Paese, già essere su questo palcoscenico è tanta roba.

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.