Pesaro, il presidente Costa fa il punto sulle due cessioni e sul campionato ormai compromesso

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Questa mattina si è tenuta la conferenza stampa della dirigenza della Carpegna Prosciutto Pesaro per fare chiarezza sulle repentine cessioni di Chapman e Barford e per spiegare la situazione generale della squadra, che ormai attende solo la matematica certezza della retrocessione. Il presidente Ario Costa ha toccato svariati punti, dal mercato fino alla programmazione per la prossima stagione. Di seguito le sue parole:

Comincio dicendo che il mio obiettivo, quello più importante, è quello di salvaguardare e tutelare la società, facendone gli interessi sia dentro che fuori dal campo, in modo che il club possa vivere per sempre. Abbiamo rischiato sempre in questi ultimi sette anni, cercando di mettere su binari tranquilli la società, sapendo che ogni anno potevamo retrocedere perché le risorse che avevamo non ci permettevano di ragionare in maniera diversa. Sono stati anni difficili, di sofferenza e per questo ringrazio sentitamente i tifosi, gli abbonati, perché so cosa significa, forse più di tutti, la pallacanestro a Pesaro. Voglio fare un plauso a tutti per questi sette anni di attività perché ancora siamo in A; poi questa stagione è stata ricca di errori, sbagli e valutazioni errate, tutto ciò ci ha portato ad una amara retrocessione, lo dico perché voglio e devo essere realista. Inoltre, ho letto che un imprenditore non sarebbe venuto qui a rilevare perché sarebbe saltato un pranzo… Che bella barzelletta! Siamo arrivati al punto che si mette in croce la società perché non fa un pranzo con un “ipotetico” padrone della Vuelle che credo si sia fatto avanti solo per farsi pubblicità. La realtà è che nonostante i conti a posto, i soldi sono pochi. Dovete sapere che quest’estate abbiamo inseguito e quasi convinto Buscaglia, poi Dalmasson, Bucchi, Boniciolli (un numero uno che non avrei mai voluto mandare via), ma quando gli abbiamo detto che squadra avremmo potuto fare con le nostre risorse hanno fatto un passo indietro.

Le due cessioni

Ci sono ragioni specifiche perché abbiamo lasciato andare Clint Chapman e Jaylen Barford. Chapman dal 17 novembre praticamente non era più in grado di dare il supporto tecnico e fisico per il quale era stato acquistato, per colpa di quell’infortunio alla caviglia. Perciò, di fronte alle varie richieste di tante società, abbiamo deciso di lasciarlo andare e reintegreremo Zach Thomas nelle rotazioni. Dopodiché, durante la finale di Coppa Italia, è venuta fuori una richiesta improvvisa per Barford fatta non da Roma, ma dal procuratore del giocatore dicendo che c’era una società italiana interessata a lui. Su Barford la decisione è dettata da due aspetti: non rendeva come all’inizio e la possibilità di alleggerire il budget. Abbiamo valutato molto attentamente, ma alla fine lo abbiamo lasciato andare perché abbiamo giocatori italiani, e non solo, che sono sotto contratto e vorremmo capire se potranno diventare giocatori interessanti per la Vuelle indipendentemente dalla categoria. Questa è stata la molla che ci ha fatto decidere al volo sul ragazzo; non tanto dal punto di vista economico perché il budget è comunque coperto fino a fine stagione, ma perché ora proveremo a renderci conto se i giocatori che sono sotto contratto potranno sistemarsi da noi perché lo meritano o altrove. Non è smantellare una squadra. Il tutto senza mancare di rispetto a nessuno e io credo che chi ha l’intelligenza e la voglia di capire possa comprendere che sia una operazione corretta, sempre per il discorso di sopra: salvaguardare e tutelare la società, cosa che è sempre stata il mio obiettivo.

Troppi errori sin dall’inizio

Abbiamo sbagliato la valutazione della squadra: abbiamo corso un rischio elevato con ragazzi che pensavamo potessero maturare in un tempo più breve di quello che in realtà gli occorre. Chiaro che poi la vicenda Blair, gli infortuni, il calendario, sono tute cose che hanno portato una serie di sconfitte che hanno scoraggiato tantissimo i nostri giovani. Anche la partita contro Trento, io non so come abbiamo fatto a perderla; è stata una mazzata che ha prodotto ferite importanti in un tessuto molto facile da ferire. Capisco che faccia male perché c’erano le Final Eight a Pesaro e abbiamo una sola vittoria; ma quest’estate quando tutti speravano di partecipare alla Coppa Italia in casa a me veniva da sorridere. Avete visto il livello delle squadre che hanno partecipato, noi non ci possiamo nemmeno lontanamente avvicinare.

Si programma il futuro sotto tutti gli aspetti: squadra, dirigenza e sponsor

A costo di essere insultato: noi stiamo lavorando per il futuro della società e lo facciamo con entusiasmo, poi ripeto che non so cosa succederà da qui al 30 giugno e oltre. Ognuno di noi arriva in ufficio ogni giorno per cercare di trovare il meglio per la società e fidatevi che non è facile vedendo cosa si scrive sui nostri conti sui social. Non ci siamo mai arresi e mai lo faremo. In questi sette anni abbiamo dimostrato che si possono fare le cose bene, rispettando tutte le regole, con tutti i sacrifici, ma questo è il massimo che al momento si può fare. Attenzione però, la società non aspetterà il 30 di giugno per programmare il futuro, ma fino a quel momento lavoreremo per la prossima stagione e per questa. Poi dal primo di luglio si penserà solo al futuro.

Non sono il tipo che si dimette e lascia allo sbando una società; ma non perché sono uno attaccato alla poltrona, perché sono sicuro che ci sono tante altre società dove potrei stare più tranquillo, ma il motivo è che mi sono preso un impegno e voglio portarlo a termine. Voglio finire tutto nel migliore dei modi e avere una società sana da tenere o, se ci sarà qualcuno pronto a rilevare, da lasciare con conti a posto, non mi dimetto per far felice qualcuno. Poi voglio precisare che tecnicamente se mi dimettessi rimarrei in carica finché la società non verrà rilevata, perché si scioglierebbe il cda e il club verrebbe messo in liquidazione; quindi le dimissioni non sono proprio una cosa che si fa così al volo e senza conseguenze.

Dal punto di vista dei numeri i fratelli Beretta sono rimasti soddisfatti; hanno capito che sono venuti in una società molto seria, che fa il massimo con quello che ha. Ci troveremo quando sarà ora con loro e parleremo, ma ancora non è stato affrontato nessun discorso. Sono stati molto contenti delle Final Eight e hanno visto qual è il basket a cui gli piacerebbe appartenere, ma al momento non abbiamo intavolato nessun discorso. Si sono resi conto di essere in una città che ama la pallacanestro e che meriterebbe molto di più; poi quello che sarà, si vedrà.

Kevin Bertoni

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