Portland-Oklahoma City, le pagelle: Westbrook in ginocchio, dominio per Lillard e McCollum

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Portland Trail Blazers

Damian Lillard, 9: il dominatore assoluto della serie. Non solo per i 33 punti di media realizzati, per le ottime percentuali dall’arco (48%) o per l’aver sfoderato una delle migliori prestazioni nei playoff con 50 punti e annesso buzzer-beater in gara 5. Lillard si consacra definitivamente come uno dei migliori leader della Lega, riscattando i playoff della passata stagione e vincendo la serie soprattutto sotto il punto di vista mentale: aspetto che non si può rappresentare con i numeri, ma basta guardare una di queste 5 partite per capire a cosa ci stiamo riferendo. Il numero #0 ha saputo imporsi anche nella propria metà campo, aggiungendo alla discreta marcatura su Westbrook 2.4 palle rubate a partita.

CJ McCollum, 8,5: perfetto alter ego di Lillard. Scorer molto intelligente, si fa da parte quando il suo compagno di reparto sembra immarcabile e conquista i riflettori quando i Blazers ne hanno più bisogno. In gara 2 è l’assoluto protagonista della sfida e termina con 33 punti, mentre in gara 5 si sblocca nella rimonta finale grazie a 8 punti. Si applica molto bene anche in difesa (98 punti di defensive rating nelle quattro partite vinte da Portland) e chiude con oltre 5 rimbalzi e 4 assist di media.

Enes Kanter, 7,5: senza dubbio la più bella sorpresa di questi Blazers. Impalpabile in gara 2 e gara 4 dopo un esordio da 20 punti e 18 rimbalzi nella serie, Kanter ripaga i suoi detrattori sfoderando una discreta prestazione in difesa, dove soffre molto meno di quanto previsto il gioco fisico di Adams. In gara 5 nonostante l’infortunio alla spalla gioca un’ottima gara e punisce gli aiuti dei lunghi avversari catturando come suo solito un gran numero di rimbalzi offensivi.

Al-Farouq Aminu, 6,5: svolge al meglio il suo compitino e aggiunge una prova da 19 punti e 9 rimbalzi, mettendo a referto 4 triple su 9 tentativi in gara 4. Per coach Stotts è fondamentalmente il lavoro che compie in difesa su Grant, tenendolo per lunghi tratti fuori dalle partite. Da rivedere in alcune scelte offensive, a maggior ragione se tira dal campo con il 38%, ma averne di giocatori da rotazione così.

Moe Harkless, 6,5: fare copia e incolla con quanto detto su Aminu. Strepitoso in difesa per intensità e cattiveria agonistica, un jolly prezioso grazie alla versatilità (spesso sulla tracce di George). Dimostra di trovarsi in perfetta forma: contribuisce anche a rimbalzo con 7 di media, aiutando a coprire il vuoto lasciato da Nurkic tra i lunghi. Termina tre volte in doppia cifra, ma in campo è in grado di fare tante piccole cose.

Seth Curry, 5,5: dati alla mano risulta tutto meno che un giocatore appariscente, ma in uscita dalla panchina si dimostra particolarmente propenso a realizzare i canestri nei momenti giusti. Segna poco e lo fa sempre quando conta, come in gara 2, quando realizza le due triple consecutive che regalano il +12 ai Blazers nel terzo quarto.

Rodney Hood, 5: molto spazio per lui nelle prime tre partite della serie. Non si dimostra però pronto nelle sfide contro i Thunder, chiudendo con pessime percentuali al tiro (27%) e dall’arco (appena 2 triple su 12 tentativi). Di buono c’è che prova a compensare sporcandosi in difesa, ma il suo minutaggio termina in calando con appena 13 minuti nell’atto conclusivo.

Collins, Leonard, Turner: s.v.

Coach Stotts, 8: quando hai a roster un giocatore motivato come Lillard, il tuo compito si limita a metterlo in campo nelle migliori condizioni possibili. Stotts è riuscito a fare molto di più, soprattutto migliorando la propria difesa: Portland non ha praticamente mai sofferto la mancanza del suo centro titolare e il gioco molto fisico dei Thunder, merito degli aggiustamenti del suo allenatore e delle ottime condizioni di forma dei suoi. Bravissimo nel fare ruotare giocatori come Curry, Hood e le riserve dalla panchina, così come nella gestione delle gare di McCollum e Kanter tra infortuni e falli.

 

Oklahoma City Thunder

Russell Westbrook, 5: siamo di fronte a uno dei giocatori più complicati e controversi dell’intera Lega. Cifre alla mano Westbrook ha chiuso questi playoff con 22 punti, 9 rimbalzi e 10 assist di media (2 le triple doppie, in gara 1 e 5): quello che non ci dicono le statistiche è quanto il giocatore dei Thunder abbia sofferto mentalmente la sfida diretta con l’altro numero #0. Tremendamente incostante, quando si accende resta un giocatore incredibile, ma litiga con il ferro (36% al tiro) e una volta in difficoltà si ostina a cercare la penetrazione per sfruttare tutta la sua fisicità, cadendo di fatto nella trappola dei Blazers. Un vero peccato: forse questa è stata l’ennesima conferma di come Westbrook non sia in grado di essere quel tipo di giocatore che trascina la propria squadra al salto di qualità richiesto nei playoff.

Paul George, 7: il migliore dei suoi, e per quanto possa sembrare assurdo, il peggiore nell’unica partita vinta dai Thunder. PG segna 28 punti di media, con un’incredibile prova al tiro da 14 su 20 in gara 5 che gli vale la bellezza di 36 punti. Convive per tutta la serie con un leggero infortunio alla spalla: vero o no, tira molto male da tre (30%) e allora prova a rintanarsi dalla lunetta, tirando una media di quasi 10 tiri liberi a partita (14/17 in gara 3, 12/14 in gara 4). Non chiude mai sotto i 20 punti in nessuna gara, a cui aggiunge quasi 9 rimbalzi di media, ma anche qui c’è l’impressione di non aver visto il miglior George della stagione.

Steven Adams, 6: aveva cominciato la serie con due buonissime prestazioni da 17 e 16 punti, condite entrambe da 9 rimbalzi. Poi un inspiegabile calo, non solo in termini di statistiche, ma proprio nel rendimento effettivo. Viene coinvolto poco in attacco e cresce partita dopo partita l’impatto difensivo di Kanter, che lo limita e lo intimidisce più di quanto ci si potesse aspettare. Chiude comunque la serie con il 66% al tiro, ma offre una brutta prestazione difensiva facendo registrare 115 punti di defensive rating e coprendo male il pitturato a rimbalzo.

Jerami Grant, 4,5: assente ingiustificato per larghi tratti di tutte le partite perse da Oklahoma City. Nella vittoria di gara 3 è decisivo, termina con 18 punti e 4 triple a referto (6/7 al tiro), ma per il resto della serie è un fantasma. Donovan senza di lui perde una delle migliori armi tattiche a sua disposizione: anche in gara 5 chiude con una prova discreta da 16 punti, a cui aggiunge 7 rimbalzi e 3 stoppate. Disputa però una prestazione pessima anche nella propria metà di campo, facendo vedere il peggior Grant possibile (-11 punti di Net Rating, ovvero il contributo effettivo di un giocatore quando è in campo).

Terrence Ferguson, 5: aveva il compito di marcare a turno uno tra McCollum e Lillard, ma non sarà questa la serie che lo definisce o meno come un pessimo difensore. Quello che appare chiaro è che gli manchi ancora qualcosa per poter stare in campo a questi livelli, tanto che per assurdo gioca meglio quando gioca poco (come in gara 3: 3/4 da tre in appena 16 minuti sul parquet).

Dennis Schroder, 6: nelle due gare casalinghe sfodera nel complesso una discreta prova (17 punti in entrambe le partite, 17 anche in gara 5 tirando 7 su 10), soprattutto dopo lo 0/7 da tre punti in gara 1. Dalla panchina prova a portare un po’ di freschezza e alternative nella fase offensiva, compito che gli riesce bene, come nell’ultima partita, dove realizza 7 punti nel parziale dei Thunder del quarto quarto. In difesa è da premiare la grinta e la pressione che porta sul portatore di palla, anche se il più delle volte si perde il proprio uomo nel corso dell’azione.

Noel, Morris, Felton: s.v.

Coach Donovan, 5: è lecito farsi più di qualche domanda sul suo operato alla luce della seconda eliminazione consecutiva al primo turno dei playoff. La squadra c’è e anche durante la regular season aveva mostrato alcuni lampi davvero notevoli, in particolare tra Dicembre e Gennaio. Sono mancate le alternative, gli aggiustamenti a serie in corso, tanto in difesa, quanto in attacco, dove i Thunder hanno fatto molta fatica. Si poteva sfruttare meglio la fisicità dei lunghi di OKC, a maggior ragione considerata l’assenza di Nurkic.

Giovanni Aiello

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