OKC-Utah, le pagelle: Mitchell è straordinario, Westbrook e George peccano di incostanza

NBA

Oklahoma City Thunder

Russell Westbrook, 5: croce e delizia dei suoi Thunder, come del resto lo è sempre stato nel corso della sua carriera. Quando si scalda non ce né per nessuno e di questo siamo tutti testimoni: in gara 5, dopo aver iniziato con un 4/12 dal campo, realizza 20 punti nel terzo quarto, che diventano 45 a fine partita. Fatica molto nelle prime gare ad entrare in questa serie, tirando 7/19 in gara 2 e 5/17 nella successiva. In gara 6 sappiamo tutti com’è andata: 46 punti ma 43 tentativi dal campo, con quasi 20 triple provate (7/19). Non è mai facile analizzare le sue prestazioni, però mi sembra innegabile che la maggior parte dei tifosi sia rimasta delusa dal suo rendimento/atteggiamento. Troppi tiri, troppe forzature, troppe decisioni inspiegabili, nonostante abbia provato a trascinare OKC alla vittoria: tanto cuore e tanta voglia di dimostrare a tutti di potercela fare, ma anche quest’anno ha fallito.

Paul George, 5,5: esordisce alla prima partita segnando 8 canestri su 11 dall’arco, che lo porterà a chiudere con 36 punti e il 65% dal campo. Anche in gara 4 e gara 5 termina con più di 30 punti, con la strepitosa prestazione del secondo tempo di gara 5, ma in difesa subisce una lieve flessione e appare stranamente fallibile nei momenti topici. “Costante nell’essere incostante” in questa serie, come ad esempio nella partita decisiva a Salt Lake City: appena 5 punti con 2/16 dal campo e due errori dall’arco per pareggiare la gara sul 91-94 (0/6 da tre). Quando Westbrook litiga con il ferro si carica la squadra sulle spalle, ma spesso si intestardisce e danneggia l’economia della squadra (come in gara 2: 6/21 dal campo, 4/12 da tre).

Carmelo Anthony, 4: piange il cuore dover scrivere certe cose su Melo, ma ritengo abbastanza evidente sia stato il peggiore dei Thunder in questo turno. In attacco soffre tremendamente questo nuovo ruolo da “4”: giocare spalle a canestro contro un giocatore molto più fisico come Favors lo limita pesantemente, a maggior ragione con un centro come Gobert sempre nei paraggi a protezione del ferro. Chiude la serie con il 37,5% dal campo (solo in gara 3 supera quota 45% con 14 punti e 6/10) e nelle ultime due gare si ferma a quota 7, danneggiando il gioco offensivo di OKC e costringendo Donovan a panchinaro per diversi minuti, soprattutto nei finali di partita.

(http://www.austinclemens.com)

Steven Adams, 6,5: ha il duro compito di avere a che fare con uno dei migliori centri della Lega, nonché il più serio candidato al titolo di miglior difensore dell’anno (termina in doppia cifra per punti solo in gara 1 e in gara 6). Adams ha pagato questo confronto fino all’ultima partita, quando prova a tenere in piedi l’attacco dei Thunder con 19 punti e 9/11 dal campo, a cui aggiunge 16 rimbalzi, approfittando della situazione falli di Gobert. Anche lui viene penalizzato dai falli in gara 2 e 3, dove non supera i 30 minuti di media, ma dal mio punto di vista è stato il giocatore più costante e solido tra i suoi in questa serie.

Corey Brewer, 6: se parti in quintetto con tre giocatori come Westbrook, George e Anthony il tuo compito non può che essere quello di limitarti a difendere ed essere preparato sul perimetro per gli scarichi. Nelle prime partite della serie tutto sommato svolge a dovere il suo compito su Mitchell e non sfigura nemmeno in attacco: chiude con il 45,5% dall’arco e con un sorprendente 66,9% di True Shooting (voce statistica che tiene conto del tiro da 2, da 3 e dalla lunetta). Il suo minutaggio però cala progressivamente, perché dopo aver esordito in gara 1 con 31 minuti, chiude il primo turno con appena un quarto d’ora sul campo.

Jerami Grant, 6: nonostante i suoi evidenti limiti offensivi, riesce a chiudere la serie con il 51,4% dal campo, con una discreta prova in gara 2 da 13 punti (6/10). Chiamato in causa per far rifiatare Adams, ha il compito di portare in campo energia e gioco verticale, ma con lui in campo l’attacco avversario fa registrare 11 punti in meno di offensive rating. Inoltre per caratteristiche proprie ha un gioco più perimetrale del centro Neozelandese e in gara 6 tiene vive le speranze dei Thunder con due canestri dall’arco.

Raymond Felton, 4,5: riesce a farsi trovare pronto in gara 3 con 14 punti (5/10), provando a dare una scossa dalla panchina. Per il resto della serie il suo contributo è più negativo che nullo, dando l’impressione di essere ormai un giocatore che a questi livelli poco ci azzecca. Donovan lo lascia in campo appena 4 minuti in gara 5 e 11 in gara 6.

Alex Abrines, 6: nelle ultime due partite si merita più di 20 minuti sul parquet, complice la buona prova di gara 5. In attacco il suo contributo è quasi nullo, eccezion fatta per gara 1 (11 punti e 3/5 dall’arco) e gara 4 (10 punti e 3/3 dal campo), ma è soprattutto nella metà campo difensiva dove si distingue.

Patrick Patterson, Josh Huestis, : s.v.

Coach Donovan, 5: non è facile dover gestire un roster con tutte queste personalità al suo interno. Anthony è la sua spina nel fianco ed è costretto a panchinaro nei momenti decisivi della serie, ma non riesce mai a metterlo nelle condizioni di rendere al suo meglio, soprattutto affidandogli la difesa di Favors. Nella propria metà campo soffre l’assenza di Robinson e paga l’altalenante prestazione di George. Nonostante il talento di Westbrook, in attacco non riesce a dare un gioco efficace ai suoi, particolare che paga nelle partite punto a punto.

 

Utah Jazz

Donovan Mitchell, 9: semplicemente mostruoso. Non serve aggiungere altro. Un giocatore al primo anno che prende in mano la sua squadra e la trascina in un primo turno di playoff non si vedeva da alcuni anni, altro che rookie. Chiude sopra quota 28 punti, con 38 in gara 6 (14/26), ma soprattutto con 33 punti in gara 4 dopo un avvio di partita difficile. Nei momenti clou ha sfoderato delle prestazioni da record, mostrando carattere e determinazione, alzando ancora di più il livello già mostrato nel corso della regular season. Mitchell è riuscito in ogni singola gara a trascinare i suoi compagni, sapendo cogliere al meglio tutte le opportunità che gli sono arrivate: vince la gara nel terzo quarto dell’ultima sfida mettendo in mostra un arsenale offensivo da giocatore d’élite e segnando una marea di canestri decisivi in tutte le partite.

Ricky Rubio, 7,5: al suo settimo anno nella nba conquista per la prima volta i playoff e gioca probabilmente il miglior basket della sua carriera. Rubio chiude la serie a 14 punti, 7 assist e più di 7 rimbalzi di media, dominando lo scontro diretto con Westbrook in gara 3, dove termina con una tripla doppia da 26+10+11 in 37 minuti, tirando 9 su 18 dal campo. Non è brillantissimo in termini di percentuali, ma raramente lo si è visto forzare un tiro e quando viene lasciato libero riesce a diventare un fattore anche dall’arco (come in gara 2: 5/8 da tre punti). In difesa è addirittura più utile che dannoso alla squadra, risultando tutto sommato un discreto difensore di sistema.

Rudy Gobert, 8: in difesa è stato praticamente perfetto, niente di nuovo quindi. Se però risulti anche uno dei giocatori chiavi nell’economia offensiva della tua squadra (123 punti di offensive rating su 100 possessi, quasi +22 punti di squadra con lui in campo), non servono troppi giri di parole per essere definito DEVASTANTE. Sotto canestro ha dominato la serie con rimbalzi (11.2 di media complice una gara 1 a quota 7) e 2 stoppate di media. Nella sconfitta di gara 5 viene condizionato dai falli e termina con un discutibile 3/8 dal campo, ma nelle restanti partite non scende mai sotto il 55%, con due gare quasi perfette in gara 1 e gara 3.

Joe Ingles, 7: alzi la mano chi non si è sorpreso di vedere giocare Ingles così bene a questi livelli. In gara 3 e gara 4 ha sfoderato due prestazioni stratosferiche, chiuse con 20 e 21 punti rispettivamente e punendo nei momenti topici la difesa dei Thunder. Se si esclude gara 2, non è mai sceso sotto il 40% da tre punti, e non delude nemmeno in difesa nello scontro diretto con Paul George. Chiude la serie con un plus/minus di +55 e quando Rubio si infortuna in gara 6, coach Snyder si affida a lui e Mitchell per costruire in attacco: l’australiano è ottimo in fase di impostazione e contribuisce positivamente allo sviluppo delle azione grazie alle sue letture.

Derrick Favors, 6,5: una serie molto positiva per il giocatore ex Georgia Tech. In attacco approfitta dell’accoppiamento con Melo per punire la difesa dei Thunder: il gioco in post ed a rimbalzo lo avvantaggia e mette in grosse difficoltà coach Donovan. Chiude sempre in doppia cifra per punti, ad eccezione di gara 1, con l’exploit da 20 punti e 16 rimbalzi nella vittoria di gara 2. Il valore aggiunto arriva dal fatto che sa sfruttare a dovere i mis-match a suo favore, senza forzare i tiri: fa registrare il 61,7% dal campo, con solo gara 1 chiusa sotto il 50%.

Jae Crowder, 5,5: una serie molto altalenante la sua, ma senza ombra di dubbio stiamo parlando di un giocatore ritrovato rispetto le prime gare della stagione in maglia Cavs. Litiga con il ferro in tutte le gare, concludendo con il 31,6% dal campo e poco più del 20% da tre punti (11/38). Nelle ultime due partite rimane sul parquet per oltre 30 minuti, mandando a referto 27 punti e 8 rimbalzi in gara 5 (15 punti nel solo primo quarto). Il suo impatto a livello di squadra non è dei migliori, con un offensive rating di 93 punti su 100 possessi, ma in difesa aumenta il livello di intensità dei suoi.

Royce O’Neale, 6: Snyder pone molta fiducia sul suo rookie e dalla panchina lui lo ripaga in gara 4 con una prestazione da 10 punti e 9 rimbalzi in 20 minuti sul parquet. O’Neale porta in campo quel pizzico di agonismo e presenza fisica che serve a mantenere alto il livello della difesa dei suoi Jazz, a cui aggiunge pure qualche canestro da tre punti qua e la, chiudendo con il 38,5% dall’arco.

Dante Exum, 5,5: esordisce bene in gara 1 nella serie con 10 punti e 4/6 dal campo in soli 18 minuti, ma nel corso della serie il suo minutaggio va in calando (appena 2 minuti in gara 5 e 3 in gara 6). La sua inesperienza la paga con le palle perse, 1.5 di media su 9.3 minuti, ma quando è in campo stravince il duello con Felton grazie anche al suo atletismo.

Jonas Jerebko, Alec Burks, Ekpe Udoh: s.v.

Coach Snyder, 8: la sua squadra gioca alla perfezione all’interno del sistema gioco costruito da Snyder. Bravissimo a incagliare l’attacco dei Thunder con una difesa strepitosa, riuscendo nell’impresa di rendere efficaci giocatori come Rubio o il giovane O’Neale. Dopo l’odissea di quest’estate ha continuato a credere nei giocatori a roster, mettendo al centro dei suoi schemi un rookie semplicemente straordinario e valorizzandolo al massimo. Se recupera Rubio potrà mettere seriamente in difficoltà anche i Rockets, apparsi poco cinici contro i T’Wolves e che non avranno di certo vita facile contro Utah.

Giovanni Aiello

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