Raptors-Cavs, le pagelle: DeRozan e Ibaka deludono contro un LeBron James stellare

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Toronto Raptors

Kyle Lowry, 7: se si esclude gara 4 è stato praticamente perfetto in questa serie, il migliore dei suoi considerato il calo di rendimento del resto della squadra. Gioca di testa, scegliendo con cura quali tiri prendere e quali no, segnando canestri molto pesanti e chiudendo nelle prime 3 partite con il 62% dal campo e il 50% dall’arco. Distribuisce una media di 8.8 assist e prova a caricarsi la squadra sulle spalle, aumentando e rallentando il ritmo di gioco a seconda della condizione dei suoi compagni. Nell’ultima partita anche lui è costretto ad arrendersi, soprattutto a livello psicologico, all’inevitabile: un plauso per essere stato l’unico ad averci provato e creduto in tutti i modi fino all’ultimo.

DeMar DeRozan, 4,5: la regular season aveva consacrato un giocatore nuovo, più efficiente e funzionale di quanto era riuscito ad essere in questi anni. In gara 1 e gara 2 chiude rispettivamente con 22 e 24 punti, ma nessuna tripla a segno su 9 tentativi. DeRozan è stato il giocatore che più è mancato ai Raptors: ha subito un’involuzione in questi playoff, diventando talvolta un limite per l’attacco di coach  Casey (con lui in campo Toronto registra -14 punti su cento possessi di offensive rating). Black-out totale in gara 3 (3/12 dal campo), marcando anche una difficoltà, a livello mentale, di approccio della partita. Veramente un peccato, perché aveva esordito nella serie con 9 punti nei primi 7 minuti di gioco, ma è sparito lentamente dalla partita, come nel resto del turno.

Jonas Valanciunas, 6: non è facile valutare la prestazione del centro lituano in questo secondo turno. Valanciunas chiude con una doppia doppia di media da 16+12, “giganteggiando” in gara 1 a rimbalzo (21+21 punti) e punendo la scelta di coach Lue di lasciare a Love il compito di marcarlo. Jonas non è mai stati un “rim protector” e non lo è stato nemmeno questa volta, ma ha faticato lo stesso in difesa mancando gli aiuti e dovendo inseguire spesso il suo avversario sul perimetro. Di positivo c’è che, nonostante il suo minutaggio sia calato progressivamente (dai 34 minuti di gara 1 ai 16 di gara 4), sia riuscito comunque a mantenere un discreto rendimento offensivo nel pitturato.

Serge Ibaka, 4: serviva il contributo di un terzo violino alla causa, per dare man forte al duo Lowry-DeRozan e sostenere una second unit in difficoltà. Ibaka non è riuscito a fare niente di tutto questo: in gara 1 non si è praticamente visto, così come in gara 2, dove coach Casey ha deciso di panchinarlo dopo lo 0/5 dal campo in appena 12 minuti di gioco. Nella sfida successiva riesce a chiudere con 11 punti, 8 rimbalzi e 4 stoppate, ma viene penalizzato dai falli e chiude in anticipo la gara. Un fantasma per tutta la serie, nella quale non riesce ad incidere nemmeno nella metà campo difensiva (playoff chiusi con il peggior defensive rating della sua carriera).

OG Anunoby, 6: una serie piuttosto complicata per il giovane rookie di Toronto. Passa i suoi 26 minuti di media a fare la guardia a quello con il numero 23, cercando di limitare come può il suo strapotere fisico, mentale e tecnico. In gara 3 sfodera un’ottima prova da 18 punti, convertendo 7 tentativi su 12 al tiro: conclude con il 52% dal campo nelle quattro partite contro i Cavs e con una prestazione complessivamente sufficiente. Non mi sento di accusarlo particolarmente per il buzzer-beater di James in gara 3, tanto meno per l’operato complessivo nel corso della serie.

CJ Miles, 5,5: con la sua esperienza (settima apparizione ai playoff) avrebbe dovuto guidare la giovane panchina dei Raptors, ma il suo compito è principalmente quello di facilitare la produzione in attacco. Chiude la serie a 10 di media con il 50% dall’arco, facendosi trovare pronto sugli scarichi e punendo la fragile difesa perimetrale dei Cavs, ma nella propria metà campo è deficitario e si trova più volte carico di falli.

Fred VanVleet, 5: dopo una serie passata da spettatore contro Washington per recuperare dagli infortuni, in queste semifinali non riesce a seguire l’andamento mostrato nel corso della regular season. Ottimo in gara 2, dove chiude con 14 punti e 4 assist, tirando 4/7 dall’arco. Non è però incisivo nel corso della serie, complici le brutte percentuali al tiro (35,5% dal campo, appena il 31,8% da tre rispetto il 41% della stagione) e una difesa a dir poco rivedibile: chiude i playoff con un defensive rating di 122 punti su 100 possessi.

Delon Wright, 5,5: in una serie dove Toronto ha subito il mancato contributo della panchina, una delle migliori della Lega fino a questo momento, Wright è stato sicuramente il più positivo nell’esordio in gara 1 e in gara 2 (5 punti, 4 rimbalzi e 4 assist). Si prende pochi tiri, fa girare la palla, ma in gara 3 scende appena in campo (8 minuti) e nel disastro di gara 4 il suo apporto è praticamente nullo, se non nel “garbage time”.

Pascal Siakam, 5,5: una serie molto difficile da affrontare per Siakam. Il suo minutaggio rispetto al turno contro i Wizards aumenta (da 15 a 20 di media), ma la maggior parte del tempo è costretto a “marcare” LeBron. Le poche libertà che si prende in attacco le converte con ottime percentuali (11/16).

Jakob Poeltl, Lucas Nogueira, Norman Powell, : s.v.

Coach Casey, 4,5: di fronte a un LeBron James del genere si può fare obiettivamente poco. Rimane il fatto che non ha saputo ribaltare l’inerzia della serie, non è riuscito a dare fiducia ai suoi con minutaggi instabili e togliendo ritmo ad una delle migliori panchine della passata regular season. Il gioco rivoluzionario dei Raptors, che per la prima volta nella storia hanno chiuso con il primo posto nella Eastern Conference, è venuto meno: poca circolazione di palla, poco movimento “off the ball” e una difesa che poteva sicuramente fare qualcosa in più. Tanta sfortuna da un lato, ma poca capacità di adattamento da parte sua.

 

Cleveland Cavaliers

LeBron James, 9: semplicemente mostruoso. Unico neo della serie è il 16,7% con cui tira da tre, ma per il resto è impressionante la capacità di fare la cosa giusta al momento giusto. In gara 2 trascina i suoi con 43 punti e attaccando il povero Anunoby in tutti i modi possibili ed immaginabili. Il buzzer-beater di gara 3 ha completamente ammazzato la serie, soprattutto a livello psicologico: James ha convertito una marea di tiri di altissimo coefficiente di difficoltà, rendendo inutili i tentativi di tutti i giocatori che si sono voluti misurare con lui. Molto intelligente anche a mettere in ritmo i compagni, come nel primo tempo di gara 4, dove ha “smazzato” 7 assist e si è limitato a servire i vari Korver, Smith e Love sugli  scarichi.

 

Kevin Love, 7: non ci capisce niente in gara 1, soprattutto per la difficoltà di affrontare in difesa un giocatore della stazza di Valanciunas. Diventa fondamentale nel resto della serie, chiudendo sempre sopra il 50% dal campo e non scendendo mai sotto i 20 punti a partita. In gara 4 viene spesso marcato da un giocatore più piccolo, perché Casey decide di giocare con Ibaka da “5”: Love viene cercato e sfrutta ogni singolo mis-match, determinando di fatto la gara con 23 punti (8/13) in 30 minuti.

J.R. Smith, 6,5: è riuscito ad aumentare il livello delle sue prestazioni dopo un buon primo turno contro i Pacers. In pieno stato di grazie in gara 4 (6/6), termina la serie con il 63% dal campo e tirando da tre punti con un’efficienza impressionante: su 13 triple tentate né ha convertite 10. In gara 3 il tabellino dice 0 punti e macchia le prestazioni della sua serie contro Toronto, ma in difesa non sfigura su DeRozan e dimostra una maturità che negli ultimi anni sembra essere diventata una costante.

Kyle Korver, 6,5: senza ombra di dubbio è stato il giocatore più continuo del supporting cast in termini di rendimento. Korver ha viaggiato a delle cifre spettacolari per quanto riguarda il tiro da tre punti: in quattro partite ha chiuso con il 56%, solo in gara 1 è sceso al 50%, convertendo comunque 5 tentativi su 12. Sempre in doppia cifra (6/8 dal campo sia in gara 3 che in gara 4), esclusa gara 2, grazie alla capacità di saper punire sugli scarichi, ma dimostrando di essere anche un discreto tagliante.

George Hill, 6: nonostante un esordio “zoppicante” con 2 canestri su 7 tentativi, riesce a riscattarsi nel corso della serie. In gara 4 è esplosivo (+24 di plus/minus), con un ottimo inizio e 2 schiacciate che lanciano il parziale di Cleveland: porta ordine e prova a togliere qualche responsabilità a LeBron in fase di impostazione (sempre in doppia cifra ad eccezione di gara 1), subendo però lo stato di grazia di Lowry nella sua metà di campo.

Tristan Thompson, 6: quando è in campo è tutta un’altra musica per i Cavs. In difesa riesce a limitare Valanciunas in area, e per quanto non sia eccezionale sugli aiuti, porta in campo la solita solidità a rimbalzo (12 in gara 1). La sorpresa più grande riguarda la sua efficienza offensiva, perché tira poco ma conclude con il 61,5% e fa registrare un’offensive rating di 143 punti su cento possessi in 8 partite di post-season.

Jeff Green, 5,5: ha il merito di supportare James quando Love non riesce a contribuire nella metà campo offensiva. In gara 1 chiude con 16 punti senza sbagliare nemmeno un tiro (4/4 dal campo, 1 solo errore dalla lunetta su 8 tentativi). In difesa continua a non applicarsi, ma termina con il 43% dall’arco e 12.3 punti in quattro partite.

Jordan Clarkson, 5: poco spazio per lui, nonostante l’infortunio di Hill. Questo non gli impedisce di prendersi quasi 7 tiri a partita (in 14 minuti di media), chiudendo con meno del 30% dal campo e con alcune scelte più che discutibili.

Rodney Hood, Larry Nance Jr, Cedi Osman, : s.v.

Coach Lue, 6,5: non brilla per scelte tecniche o decisioni rivoluzionarie. Ci mette un po’ per capire che Love NON può marcare Valanciunas, ma quando ci arriva e butta nella mischia Thompson vince gara 1, così come decide di metterli in campo insieme quando Casey gioca con il quintetto piccolo e chiude definitivamente la pratica in gara 4. Per il resto è bravo a reinserire Hill e dargli fiducia dopo le difficoltà dovute all’infortunio: con un LeBron del genere però non servono di certo strategie o grandi schemi, ma affiancargli il miglior supporting cast possibile.

Giovanni Aiello

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