Unstoppable: gli 81 morsi del Mamba

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Ritorna la rubrica “Unstoppable” che, per la sua terza uscita, ripercorrerà una nottata indimenticabile di uno dei pilastri dell’NBA degli ultimi 20 anni. Avete capito di chi stiamo parlando? Eh già proprio lui: Kobe Bryant che esattamente 9 anni fa (22 gennaio 2006) incantò lo Staples Center con una prestazione realizzativa immortale, seconda solo a quella di un certo Wilt Chamberlain. Signore e signori ecco a voi gli 81 di Kobe Bryant contro i Toronto Raptors.bryant anniversarioCome al solito, prima di passare ai fatti accaduti in quella notte californiana, cerchiamo di contestualizzare la situazione di Kobe e di quei Lakers in un momento molto particolare della loro storia.

shaq jacksonLa contestualizzazione per questa partita è inevitabile, già perchè dopo anni di successi e soddisfazioni, Kobe si ritrovava per la seconda stagione consecutiva a giocare senza Shaq, ceduto due estati prima dalla dirigenza losangelina a seguito della cocente sconfitta nelle finals del 2004 contro i Detroit Pistons. I dirigenti scelsero al tempo di puntare tutto sul fresco e giovane Bryant e di scaricare il trentaduenne O’Neal, ritenuto dalla famiglia Buss ormai nella fase calante della sua carriera. L’addio di O’Neal però non fu l’unico perchè, in concomitanza con la cessione di “The Diesel”, si ritirò anche Phil Jackson, lasciando così i Lakers orfani dell’artefice di quella “legacy” che nei primi anni 2000 seppe vincere 3 titoli consecutivi.

L’anno successivo, ovvero la stagione 2004/05, fu una vera e propria disfatta: i Lakers terminarono la stagione con un record di 34-48 mancando così l’obiettivo playoff, cosa che non accadeva dalla stagione 1994/1995. C’è anche da dire che in quella stagione Kobe dovette saltare un intero mese per un infortunio alla caviglia, ma anche con il Black Mamba in campo le cose molto probabilmente non sarebbero cambiate.

jackson and bynumArchiviata una stagione deludente, ecco la possibile svolta in quella successiva: Phil Jackson viene richiamato sulla panchina giallo-viola gettando così le basi per la rinascita. Un altro tassello arriva dal draft, perchè con la chiamata numero 10 del primo giro i Lakers selezionano Andrew Bynum, giovane promessa (purtroppo mantenuta in minima parte) che avrebbe dovuto reggere il frontcourt losangelino negli anni a venire. La Los Angeles “purple and gold” si affaccia dunque alla stagione 2005/2006 con delle timide aspettative di post season.

La squadra non parte male, a metà stagione Kobe Bryant è riuscito a portare in positivo il record dei suoi tirando fuori dal cilindro prestazioni straordinarie, come quella del 20 Dicembre 2005 in cui alla fine del terzo quarto il Mamba si siede in panchina con già 62 punti a referto (rimarranno così anche alla fine della gara perchè Jackson deciderà di tenere l’allora numero 8 in panchina per tutto l’ultimo periodo), a cui si aggiungono anche 8 rimbalzi, 3 palle rubate e percentuali notevoli: 18/31 dal campo e 22/25 ai liberi.

bryant bosh roseProprio al giro di boa della stagione regolare, per la 41esima gara, i Lakers attendevano nella loro tana, i Toronto Raptors. Una formazione tutt’altro che irresistibile con un record negativo di 14-27, ma che annovera tra le sue file il giovane Chris Bosh, scelto dalla franchigia canadese al draft di due anni prima e Jalen Rose, veterano dal passato importante (soprattutto al college: leggi qui).

La gara parte subito con ritmi molto alti e i canadesi, nonostante il record negativo e campo a sfavore, non hanno intenzione di fare da spettatori e di sfigurare. I Raptors a metà primo quarto toccano già la doppia cifra di vantaggio sul 21-11, prima che una reazione dei Lakers guidata da Kobe, faccia si che la prima frazione si chiuda sul 36-29. Nel secondo quarto però le cose non cambiano e Toronto non accenna minimamente ad abbassare il ritmo, andando addirittura a toccare il +15 a 3.26 dall’intervallo. Los Angeles fatica a trovare la via del canestro al di fuori del solito Bryant che cerca di caricarsi i suoi sulle spalle, ma nonostante i suoi 26 punti segnati nel primo tempo, i giallo-viola vanno al riposo lungo con 14 lunghezze da recuperare sul risultato di 63-49.

Nella ripresa apparentemente le cose non sembrano essere mutate, perchè pronti via i Raptors con due triple consecutive toccano il +18, ma attorno alla metà del quarto la musica cambia: guidati da Kobe i giallo-viola aprono un parziale terrificante di 7-22 che spezza le gambe dei Raptors e riporta i Lakers a -1. Il sorpasso arriva poco più tardi, quando Kobe in contropiede inchioda la schiacciata del +2 per 85-87.  I Lakers chiudono il terzo quarto in controllo della gara sull’85-91 e Bryant, che nel primo tempo ne aveva messi 26, nel terzo periodo ne scrive 27 a referto. Si apre dunque l’ultima frazione di gara con i canadesi che cercano di rientrare in gara dimezzando subito lo svantaggio, ma ci pensa ancora lui, il Black Mamba, a ristabilire le gerarchie facendo partire il suo personale show. Dopo aver segnato 6 punti di fila, Kobe pesca Lamar Odom libero sull’arco che mette la tripla del +7. Da li in avanti l’unico Lakers a segnare sarà solo ed esclusivamente lui: il numero 8 e sempre lui scriverà la parola fine sulla gara, mettendo a referto altri 22 punti, attingendo a piene mani dal suo bagaglio tecnico. L’ultimo punto, l’ottantunesimo, arriverà dalla lunetta a 43 secondi dal secondi dal termine, per il 102-122. Con 4 secondi ancora sul cronometro, Phil Jackson decide poi di richiamarlo in panchina, lasciando parlare le mani e le voci dei quasi 19.000 dello Staples Center, fortunati spettatori di una pietra miliare dello sport moderno che sempre più difficilmente riusciremo a vedere replicata in futuro.kobe-bryant-81-points-nike-zoom-kobe-1I Lakers alla fine vinceranno quella gara per 104 a 122, e qualche mese più tardi riusciranno anche a qualificarsi per i playoff, venendo però sconfitti al primo turno dai Phoenix Suns, ma uscendo comunque a testa alta per aver portato la seconda squadra ad ovest fino a gara 7 ed essere arrivati ad un passo dall’impresa di qualificarsi per il secondo turno, sfumata per l’errore sulla sirena in gara 6 proprio di Bryant che ebbe tra le mani la palla della possibile vittoria.

Come la prese Kobe? Come al solito, come il killer ossessivo compulsivo ossessionato dalla vittoria: male e si rimise subito al lavoro. È proprio questa necessità ossessiva di essere il migliore che porta Kobe Bryant ogni giorno a lavorare come un matto sia in palestra che a casa per studiare gli avversari, ed è proprio questo desiderio di perfettibilità a spingere il Mamba a distanza di 7 anni a twittare queste cose riguardando il match:

Del resto da uno che risponde alla domanda: “What does perfection look like to me?” con “Championship rings” ce lo si poteva anche aspettare…

kobeexitEsiste un’istantanea che possa racchiudere la carriera di Bryant? Forse no, forse non basterebbero nemmeno una pila di album fotografici per omaggiare a dovere ogni perla regalataci da Kobe. Forse non saremmo semplicemente nemmeno in grado di farlo. Di tutti i traguardi raggiunti dal Black Mamba però, questo è forse l’unico per il quale non condivida il palcoscenico con qualcuno. Quella sera del 2006 non esisteva Shaq, non esistevano tanto meno nè Pau GasolDerek Fisher e non esisteva nemmeno Phil Jackson. Non c’era nessuno a cui dire grazie, se non a se stesso.

 

Gabriele Galbiati

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