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3 scelte “non convenzionali” che Kyrie Irving ha pagato carissimo

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Kyrie Irving è sicuramente un personaggio curioso, probabilmente il più curioso dell’NBA moderna. Anche se forse “curioso” è un eufemismo rispetto a quello che è. In questi 12 anni nella Lega ha saputo farsi riconoscere in più occasioni.
Andiamo a ripercorrere 3 decisioni “non convenzionali” che ha preso e che ne hanno condizionato la carriera nella massima Lega americana.

Kyrie terrapiattista

Ricordate quando Irving era convinto che la terra fosse piatta e andava in giro a dire che era convinto che ci stessero mentendo? Beh, è successo e lui davvero era certo che ci fosse dietro un complotto rispetto alla teoria della terra come un geoide. Alla fine, dopo diversi mesi, si è scusato con il mondo dell’NBA e non solo, dicendo che fosse entrato in un loop infinito di complottismo sui social. Aggiunse che si era reso conto di quanto le sue parole potessero avere un impatto negativo, qualcosa di cui evidentemente si è scordato in fretta.

Kyrie no-vax

Kyrie ha (per fortuna) sempre creduto nell’esistenza del Covid. Ma non ha mai pensato che l’iniezione di un medicinale avrebbe potuto risolvere il problema. I numeri e i fatti dicono che si sbagliava. Irving ha deciso di non vaccinarsi, nonostante giocasse in uno Stato americano, quello di New York, dove era obbligato a inocularsi le due dosi per praticare attività sportiva. Per molto tempo non ha giocato, poi ha giocato solo in trasferta e, solo all’ultimo, praticamente soltanto per i playoff, è riuscito a dare il 100% del suo contributo. Non prima di prenderselo davvero, il Covid. Nonostante stiamo per entrare nel terzo anno di pandemia, Kyrie risulta ancora non vaccinato. Per sua fortuna questo non influenza più il suo lavoro in NBA. 

Alcuni hanno definito la sua scelta “coraggiosa”, perché ha rinunciato anche a metà dello stipendio, non potendo scendere in campo. In realtà, data l’influenza che ha sulla sua community e sul pubblico americano, sarebbe più corretto definirla “irresponsabile”.

Kyrie “antisemita”

Kyrie Irving nei giorni scorsi ha combinato l’ultimo pasticcio. Ha pubblicato su Twitter il link ad un prodotto audio-visivo che si propone di rivelare “la verità” sulla storia dei neri. Peccato che questa “verità” sia condita di fake news e soprattutto complotti, molti dei quali di natura antisemita (si dice ad esempio che molti ebrei siano satanisti). Un comportamento molto discutibile, soprattutto se queste illazioni arrivano da un ragazzo afroamericano, che tra l’altro negli ultimi anni si è elevato a santone-mistico per l’uguaglianza di tutti i popoli e tutte le religioni. Per questo motivo, sebbene lui in prima persona probabilmente non lo sia, Irving è stato tacciato di antisemitismo. Ora ha già saltato 6 gare per “punizione” e questa notte salterà la settima.

Il quadro che emerge da questo articolo è quello di una persona probabilmente non cattiva, ma di sicuro facilmente condizionabile. Irving non si è posto nessuna domanda approfondita prima delle uscite sul terrapiattismo, così come non lo ha fatto quando ha visto l’ultimo “documentario” e lo ha condiviso senza esitare sui suoi social.

Da un giocatore del suo calibro, tra le migliori point guard della NBA, ci si aspetta un atteggiamento più responsabile. E anche più maturo, se si pensa che spesso Kyrie, a chi cerca di correggere i suoi comportamenti, risponde con molta arroganza.

 

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