Cos’è la Drew League? Qualche chicca sulla lega che accoglie LeBron James

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A molti degli appassionati italiani questo nome dirà poco o nulla. Ma in realtà la Drew League, dove si sta per cimentare anche LeBron James, negli Stati Uniti è un’istituzione, ben più di un semplice torneo estivo. Un vero e proprio campionato che si svolge d’estate, la cui popolarità in America è paragonabile solamente a quella del The Basketball Tournament.

Kevin Durant in campo alla Drew League.

Negli Stati Uniti, dove la cultura del playground è nata e ha tutt’oggi un valore elevatissimo, vincere o ben figurare in questi tornei garantisce notorietà, gloria agli occhi dei tifosi e la possibilità di mettersi in mostra agli occhi degli addetti ai lavori. Si gioca d’estate ma l’atmosfera è ben lontana da quella di un’amichevole.

Kobe Bryant e James Harden hanno giocato contro in Drew League.

La Drew League, in particolare, nasce nel 1973 a Los Angeles e tutt’ora viene giocata in California. A fondarla Alvin Willis che nel 1983 ha lasciato il posto all’attuale commissioner Oris Smiley. Sotto la sua gestione la lega esplode in popolarità, fino ad accogliere una serie di interessanti prospetti di high-school e college, per poi ospitare tantissimi giocatori NBA, fra i quali Kobe Bryant, Kevin Durant e lo stesso LeBron James. Qui si sono “fatti le ossa” tanti atleti che hanno fatto la storia del gioco, fra i quali DeMar DeRozan che vi ha esordito a 14 anni. La popolarità della Drew League esplode definitivamente nel 2011, in concomitanza con il lockout della NBA che ha spinto diversi giocatori a partecipare. Da lì è aumentata l’attenzione delle tv e gli introiti derivanti da diritti e sponsor. Nel 2013 il torneo è stato brandizzato Nike, attualmente lo sponsorizzano marchi come Adidas Red Bull ed è stato inserito in diverse edizioni del videogioco NBA Live. Tutto ciò ha portato a cambiare la location: dal 2012 si gioca nella palestra della King/Drew Magnet High School (capienza di circa mille spettatori) fra Compton e Watts, due dei quartieri più complicati di LA. L’ingresso è da sempre gratuito, nessun biglietto (tranne che per il parterre a bordocampo) né prenotazioni: chi arriva prima, meglio alloggia. Il motto storico è “No excuse. Just produce”, a far capire che in campo nessuna si tira indietro. Il bello risiede proprio nella possibilità di vedere star del calibro di LeBron James marcate da semi-sconosciuti che negli Stati Uniti sono diventati giocatori di culto. Ne è un esempio Franklin Session, per tre volte consecutive MVP del torneo, presente anche in alcune edizioni della Big3 e nelle ultime invernate impegnato fra Qatar e Thailandia. Negli Stati Uniti, però, è molto più conosciuto di tanti giocatori NBA.

Alessandra Fanella

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