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Gli italiani non sono più un “fastidio” per le nostre squadre di Serie A

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Il “protezionismo” nei confronti degli italiani è un tema sul quale si discute da molti anni, praticamente da quando è diventata ufficiale la famigerata “legge Bosman”. Fortunatamente nelle ultime stagioni gli italiani non sono più un “fastidio” per le squadre di Serie A.

Facciamo però un passo indietro e ricordiamoci come eravamo prima del 6+6, formula che utilizzano quasi tutti in Serie A. Prima di questo cambio c’erano due opzioni: 5+5 (con la possibilità di puntare su 5 americani) oppure 3 extracomunitari + 4 comunitari o Bosman A/B + 5 italiani, di cui uno massimo “passaportato”. Questa formula ti dava potenzialmente la possibilità di avere 8 americani a roster con i tanti passaporti “finti” che sono girati nei primi anni Duemila. Oppure degli europei o dei centroamericani/Cotonou di buon/alto livello. Questo faceva sì che bastava un italiano specialista e 3 ragazzini/giocatori di categoria inferiore per chiudere il roster.

Naturalmente tutto questo non permetteva al nostro movimento di crescere. La scelta di “obbligare” le società a passare al 6+6 (ripetiamo che esiste ancora il 5+5 ma non opta quasi nessuno per questa formula) ha costretto tutte le società ad avere 2-3 giocatori italiani di rotazione e non più 1-2, considerando anche il bassissimo numero di italiani “passaportati” (anche in questo caso c’è stato un cambio legislativo che ha migliorato la situazione ma è anteriore al 6+6).

Questo ha fatto sì che alcuni giocatori che sarebbero stati da “A2” sono arrivati in A e stanno facendo la differenza. Riccardo Moraschini, per esempio. Oggi è un perno fisso della Nazionale ma senza questo cambio di regole non avrebbero puntato su di lui in A. Marco Spissu, ragazzo che oggi fa parte di un roster di EuroLega. Davide Alviti, che ora è all’Olimpia Milano ed è nel giro della Nazionale. Amedeo Tessitori, per anni il miglior centro dell’A2 e che ha trovato spazio in A anche grazie a questa situazione. E poi Alessandro Pajola, l’esempio più importante secondo noi. Con il 3+4+5 quasi certamente sarebbe stato il nono-decimo mentre con il 6+6 ha quasi sempre fatto il cambio del playmaker, tanto da diventare un giocatore in orbita NBA a soli 21 anni. Forse sarebbe diventato così forte in così poco tempo anche con le vecchie regole. O forse no.

Il punto rimane uno: oggi gli italiani non sono più un “fastidio” ma fanno la differenza. E l’abbiamo visto in Finale Scudetto tra Milano e Virtus Bologna. Oltre alla miglior condizione fisica dei bianconeri, a far la differenza ci hanno pensato i ragazzi nostrani. Perché negli stranieri l’Olimpia era nettamente più forte ma negli italiani ha dimostrato di avere qualche problema, anche perché non troppo impiegati in EuroLega, mentre gli italiani della Virtus hanno sempre disputato gare vere, comprese la semifinale di EuroCup. Sono piccolezze, ma fanno la differenza. E lo dicono i risultati.

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Immagine in evidenza: FIBA

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