Houston-Utah, le pagelle: i Rockets dominano in entrambe le metà campo e superano facilmente i Jazz

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HOUSTON ROCKETS

James Harden, 7.5: la vera grande notizia per Mike D’Antoni è che questo 4-1, con 3 match vinti abbondantemente e con largo anticipo, è stato raggiunto senza la necessità di contare su un James Harden in versione super. Offensivamente il Barba ha fatto il suo dovere senza esagerare, fatta eccezione per gara 3 chiusa con un pessimo 3/20 dal campo, ma comunque vinta dai suoi Rockets e per le 8 palle perse di gara 2 e 4. Difensivamente, invece, il cambiamento rispetto a quanto visto in RS è stato abbastanza netto, come dimostrano anche le brutte prestazioni di Mitchell e degli altri esterni dei Jazz.

Chris Paul, 7: anche lui, come il suo compagno di reparto, non ha dovuto esagerare per portare la serie a casa. Numeri e prestazioni nella media ma preoccupa il 19% con cui ha tirato da oltre l’arco.

Clint Capela, 6.5: i 10 punti di media non vanno visti come un demerito del centro svizzero che, dovendo affrontare Rudy Gobert e non disponendo di un ampio repertorio offensivo, non avrebbe potuto far di meglio. La sua presenza sotto i tabelloni è costante e non è un caso che Houston abbia perso la partita in cui Clint ha giocato peggio (1/6 dal campo, nessuna rubata o stoppata).

Eric Gordon, 7: 15 punti di media con quasi il 50% da 3 e una difesa decisamente migliore rispetto alle sue abitudini fanno di Gordon, e della sua costanza di rendimento, una chiave per questi Houston Rockets.

PJ Tucker, 7: è il nuovo Ariza e, non a caso, il giocatore più utilizzato da Mike D’Antoni. PJ Tucker apre il campo (43% da tre con quasi 3 bersagli a partita), corre, combatte, cambia e difende come pochi altri giocatori nella lega. I miglioramenti difensivi a livello di squadra dei Rockets partono, oltre che da un Harden più aggressivo, anche dall’energia di PJ.

Kenneth Faried, 6: porta tanta energia in gara 1, poi il suo minutaggio decresce rapidamente fino ai soli 3 minuti di impiego in gara 5. Rimane comunque una buona alternativa a Clint Capela grazie alla sua energia e alla capacità di occupare gli spazi giusti.

Austin Rivers, 6: altro tassello aggiunto dai Rockets lungo la stagione e che, come Faried, potrebbe rivelarsi fondamentale quando i titolari riposano a bordocampo. Fa parte stabilmente delle rotazioni di D’Antoni anche senza fare nulla di sensazionale.

Daniel House 6.5: viene impiegato più di Rivers, e già questo è un attestato di stima da parte di D’Antoni. Spara a salve in gara 4 (0/6 da 3), ma da comunque una mano importante nei restanti quattro episodi della serie. Il suo minutaggio potrebbe però essere rivisto nella serie contro GSW a causa delle sue non eccellenti abilità difensive.

Gerald Green e Hilario Nene sv.

Mike D’Antoni, 7: non c’è stata le necessità di ricorrere a particolari aggiustamenti o di rimescolare le carte in corsa visto che Houston ha ampiamente dimostrato la sua superiorità sin da gara 1, ma va riconosciuta l’ottima serie difensiva disputata da Harden e compagni capaci non solo di fermare Donovan Mitchell, ma anche di costringere tutti gli altri esterni a tirare con pessime percentuali.

UTAH JAZZ

Donovan Mitchell, 5: come lui stesso ha ammesso in conferenza stampa, squadre e un giocatori giovani prima di arrivare al successo devono attraversare momenti bui come questa serie. Dopo dei playoff da rookie disputati egregiamente, Mitchell è stato annientato quasi completamente dalla difesa dei Rockets. E’ lui il principale colpevole della disfatta dai Jazz e non potrebbe essere altrimenti visto il 31% dal campo su oltre 22 tiri presi e la disastrosa gara 5 chiusa con 12 punti, 4/22 dal campo e 0/9 da 3. Il classe ’96 ha però il tempo e la grinta necessarie a presentarsi in maniera più pronta e consapevole ai prossimi PO.

Rudy Gobert, 6: inizia la serie segnando 22 in gara 1, progressivamente accusa la presenza di Clint Capela e finisce anche lui nella trappola difensiva degli Houston Rockets. Se le le pessime percentuali al tiro di Mitchell sono state la principale causa delle difficoltà offensive dei Jazz, a Rudy Gobert è mancata la solita, ma non per questo scontata, capacità di cambiare le partite nella sua metà campo.

Ricky Rubio, 7: le prestazioni di Rubio sono state decisamente sopra le aspettative, a differenza di quelle dei suoi compagni precedentemente citati. Nonostante un pessimo 20% da 3, lo spagnolo ha comunque trovato il modo di realizzare 15 punti di media e, nella speranza di riaprire la serie, ha dato tutto nei due match finali chiusi entrambi in doppia doppia. Dobbiamo riconoscere a Rubio anche una convincente, ma al quanto insolita, difesa su James Harden che però non si è rivelata decisiva.

Joe Ingles, 5: la fisicità e l’energia degli esterni dei Rockets hanno sicuramente messo in difficoltà Ingles, autore di una serie abbastanza negativa. Solo in gara 5 ha raggiunto la doppia cifra per punti segnati (sono 6 di media nella serie) che, non a caso, è stata l’unica partita chiusa da Ingles con oltre due triple segnate. Il suo 28% da oltre l’arco pesa tanto nell’ec0nomia offensiva dei Jazz.

Jae Crowder, 5,5: dopo tre partite alquanto disastrose concluse con 19 punti totali e 4/21 al tiro, Crowder reagisce rendendosi protagonista nell’unica vittoria dei Jazz di questi PO, chiusa con 23 punti segnati 8/13 dal campo e 3 triple a bersaglio.

Derrick Favors, 6,5: esce dalla panchina e garantisce sempre e comunque punti in area. Gioca solo 20 minuti di media a causa dei quintetti schierati dall’allenatore avversario nei quali però porta energia e fisicità. Chiude la serie con 4 gare in doppia cifra per punti segnati, due delle quali terminate anche con più di 10 rimbalzi catturati.

Royce O’Neale, 6: 35 punti combinati tra gara 2 e gara 5 con 15/23 dal campo e una doppia doppia in gara 4, ma due prestazioni nulle in gara 1 e 3 che non rendono completamente soddisfacente la serie disputata dal sophomore dei Jazz.

Sefolosha, Niang, Korver sv.

Quin Snyder 5,5: dopo aver sorpreso tutti scegliendo di difendere James Harden da dietro in modo da limitare quanto più possibile i suoi stepback e invogliarlo ad entrare all’interno dell’arco, prova in diversi modi a risollevare le sorti dei suoi, ma senza raccogliere i risultati sperati. Perde nettamente il confronto con l’avversario italiano che, però, può contare su un roster più completo e talentuoso.

Luca Diamante

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