Metta World Peace: “Avrei facilmente tenuto 15/20 punti di media se i Lakers mi avessero fatto giocare di più”

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La free agency NBA è ancora in corso e, sebbene la maggior parte dei giocatori abbia già trovato un accordo, rimane ancora qualcuno che è in cerca di un contratto per la prossima stagione: in questa categoria rientra anche l’ex canturino Metta World Peace.

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Dopo essere stato una pedina fondamentale nel back-to-back dei Los Angeles Lakers targati Bryant-Gasol (2009-2010), il fu Ron Artest ha cominciato un lento declino, dovuto in gran parte all’età ed al logorio fisico: Knicks, Cina e Cantù sono stati la sua casa prima del ritorno in gialloviola nella passata stagione, in cui non ha decisamente brillato, tenendo una media di circa 5 punti a gara in quasi 17 minuti in campo, tirando con un deludente 31,1%. In una stagione in cui i Lakers erano maggiormente concentrati a dare il giusto tributo alla carriera di Kobe Bryant piuttosto che ai risultati in campo, a World Peace era affidato un ruolo di mentore dei giovani talenti piuttosto che un vero e proprio ruolo produttivo in campo, e spesso ciò lo relegava in panchina per la maggior parte del tempo.

Recentemente l’amico dei Panda è stato raggiunto dai microfoni di ESPN ed ha rilasciato una curiosa dichiarazione:

Sono in attesa di una chiamata da una franchigia NBA, posso ancora giocare. Sono ancora capace, non è nemmeno da chiedere. Ma sai, spesso non riesci nemmeno ad entrare in campo, cosa ci puoi fare? Non sono arrabbiato, faccio sempre il tifo e sono di supporto nel caso. Vedi quest’anno coi Lakers, non mi facevano giocare; se avessi giocato minuti importanti sarei stato in grado di mettere 15/20 punti di media a partita. Senza alcun dubbio.
L’unica cosa che veramente mi fa arrabbiare è che tutto il mondo della pallacanestro pensa che io non sia più in grado di giocare. Come uomo, la prendo sul personale.

I numeri non danno sicuramente supporto alla dichiarazione di World Peace, ma sfido chiunque a mettersi contro al protagonista del celebre Malice at the Palace.

Francesco Manelli

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