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Simone Fontecchio svela il suo idolo, il miglior italiano di sempre e come è nato il suo soprannome

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Simone Fontecchio sta vivendo un buonissimo momento in NBA con la nuova maglia dei Detroit Pistons.

A lui si è interessato anche The Athletic che lo ha voluto intervistare. Fra i temi trattati c’è anche la genesi di “Tek”, il soprannome di Fontecchio, legato alle grandi difficoltà che hanno gli statunitensi a pronunciare il suo cognome.

Negli Stati Uniti fanno fatica a pronunciare il mio cognome, i telecronisti lo sbagliano spesso. Anche nell’ultima partita con i Bulls lo hanno sbagliato molte volte, spero che ora lo abbiano imparato. Quando sono arrivato agli Utah Jazz c’erano Malik Beasley e Jason Terry che non riuscivano a dire il mio cognome e hanno iniziato ad abbreviarlo in “Tek”. All’inizio non mi piaceva, nessuno mi ci aveva mai chiamato ma poi mi è rimesso impresso e ora mi piace, è divertente.

Dopodiché Fontecchio ha parlato del suo approdo nella NBA, arrivato un po’ in ritardo, forse anche a causa del periodo trascorso all’Olimpia Milano.

La NBA non era mai stato un obiettivo, non ci sono mai stati tanti italiani e crescendo si vede sempre più come una cosa irraggiungibile. In Italia ci si pone più la Serie A, l’EuroLega o la Nazionale come obiettivi. Le cose sono cambiate con le Olimpiadi del 2021, la gente ha iniziato a riconoscermi, a quel punto ho iniziato a ritenerlo un obiettivo e la stagione dopo ci sono riuscito. Non ci pensato molto, quando arriva la chiamata della NBA è quasi una scelta obbligata, un treno che forse passa una volta sola. Ho pensato: “Mi offrono un triennale (due + uno con opzione a favore della franchigia, ndc), farò di tutto per andare bene e potrò comunque tornare in Europa anche se dovessi non riuscirci”. Ero nei radar anche da giovanissimo ma poi sono sparito fino alle Olimpiadi perché a Milano avevo giocato poco e non mi ero potuto mettere in mostra.

Successivamente Simo ha raccontato dei suoi primi approcci con la NBA da bambino e svelato chi è il suo giocatore preferito: Dwyane Wade.

Le prime partite NBA che ho guardato sono state le Finals 2006. Da quel momento ho fatto spesso nottata per vederle in diretta, specialmente ai playoff. Mi ricordo quando mi svegliavo alle 3 o alle 4 del mattino con mio fratello per guardarle, ricordo specialmente gara 7 delle Finals 2016. Il mio giocatore preferito di sempre è Dwyane Wade, è bello averlo come socio di minoranza qui ai Jazz. Quando l’ho incontrato gli ho rivelato che è il mio idolo e siamo andati a bere un cicchetto insieme.

Infine un elogio a Danilo Gallinari, definito il miglior giocatore nella storia del basket italiano.

Danilo Gallinari è senza dubbio il più grande italiano nella storia della NBA e il miglior giocatore azzurro di sempre. Spero che abbia la possibilità di lottare per il titolo a Milwaukee. Per quanto riguarda le nostre leggende che potrebbero non essere note al grande pubblico americano cito Dino Meneghin e Antonello Riva, quest’ultimo è il primo marcatore nella storia della Nazionale con 4000 punti, mille in più del secondo.

Redazione BasketUniverso

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