Era il 2011 e la NBA si trovava in una vera e propria situazione di stallo. La lega e la NBA Players Association (sindacato dei cestisti ndr) non riuscirono a raggiungere un accordo su diverse questioni, dal salary cap sino alle contrattazioni tra franchigie, soprattutto per il contenuto e la durata degli stessi. Il rischio fu grosso: un’intera stagione bloccata fino alla firma del nuovo accordo di contrattazione collettiva (CBA ndr). Era l’anno del lockout. La faccenda si chiuse nel novembre 2011, ma fino ad allora tanti furono messi davanti a un bivio: aspettare che la situazione si risolvesse oppure giocare oltreoceano in attesa della partenza del campionato. Tanti fecero questa seconda scelta, e alcune di queste esperienze le abbiamo riportate qui.
DERON WILLIAMS al Besiktas
Pioniere tra i tanti cestisti in fuga oltreoceano, D-Will firmò un contratto da 5 milioni di dollari al Besiktas e fu tutto troppo facile per quello che, ai tempi, era considerato uno dei più talentuosi e popolari giocatori degli allora New Jersey Nets. In Turchia solo due sconfitte in totale tra campionato ed EuroChallenge con lui in campo, con prestazioni eccellenti come la doppia doppia da 24+10 contro il Pinar Karsiyaka e 21 punti contro il Fenerbahce nel derby. Anche se emblematica fu la gara contro il BG Göttingen, dove Williams mise 50 punti firmando un vero e proprio record per l’allora terza lega europea. Un mare di nostalgia conclusasi addirittura con la sua maglia numero 8 ritirata dalle aquile nere di Istanbul.
GORAN DRAGIC al Saski Baskonia
Meno romantica della precedente esperienza. Lo sloveno, dopo due stagioni a mezzo servizio tra Phoenix e Houston, decise di accordarsi col Baskonia in attesa dell’inizio della stagione regolare. Un ritorno in Spagna dopo la stagione 2006-2007 a Murcia. In Liga ACB però Dragic non riuscì a ritagliarsi spazio, venendo impiegato poco (solo 7 minuti di media tra campionato e coppa) e contribuendo pochissimo alla causa. Un vero peccato se si pensa alla successiva crescita dello sloveno, che da quella stagione in poi esploderà definitivamente prima con il ritorno ai Suns e poi ai Miami Heat.
NIKOLA VUCEVIC al Buducnost
Particolare il caso del centro montenegrino che tornò a casa propria prima ancora di esordire in NBA. Scelto alla 16esima chiamata dai Philadelphia 76ers, il prospetto della University of Southern California decise di preparare il suo esordio NBA tra Lega Adriatica ed EuroCup. La parentesi a Podgorica fu un successo assoluto: medie spaziali da quasi doppia-doppia sia in campionato (16.9 punti e 9.7 rimbalzi nelle 10 presenze in ABA) che in coppa (16.8 punti e 7 rimbalzi in 4 gare), campionati dove si affacciava per la prima volta in assoluto. Da cineteca soprattutto le prestazioni contro Stella Rossa (16+18), Krka Novo Mesto (21+20) e Cibona (30+9). Un bel biglietto da visita per uno dei giocatori europei più sottovalutati della lega ancora oggi.
AVERY BRADLEY al Hapoel Jerusalem
Ma torniamo alla surrealismo. Cosa spinse un giovane sophomore dei Boston Celtics sino alla Loto League israeliana? Probabilmente un cospicuo stipendio e una curiosità particolare verso un mondo tanto vicino quanto particolare come quello mediorientale. Sicuramente non fu un buco nell’acqua. Il playmaker poi campione NBA con i Lakers registrò infatti 13.7 punti di media in tre presenze con l’Hapoel Jerusalem prima di tornare in Massachusetts. Statistiche da college nonostante il poco tempo per ambientarsi. Attualmente free agent, perché non pensare a un ritorno in Terra Santa?
DANNY GREEN al KK Olimpija Ljubljana
E se parliamo di ex campioni NBA non possiamo non citare lui. Nella sua assurda carriera fatta di ups-and-downs e condita da tre titoli con tre franchigie diverse, per Danny Green ci fu anche la parentesi al KK Olimpija Lubiana. In Lega Adriatica ed EuroLega, l’ala fece la sua discreta figura in coppia con l’ex compagno di college Deon Thompson con medie interessanti tra campionato e coppa e prestazioni importanti. Tra tutte i 23 punti contro l’Arka Gdynia valsero la prima vittoria in EuroLega e i 15+6 la vittoria nel derby con il Cedevita. A dicembre fece ritorno alla corte di Popovich.
CHANDLER PARSONS al Cholet Basket
Carriera inusuale quella dell’ex Rockets, Mavs e Grizzlies. Scelto alla 38esima chiamata proprio nell’anno del lockout, Parsons decise di esordire da professionista in Francia. ASVEL? Monaco? No, Cholet. Cittadina della Loira con uno stupendo centro storico e una squadra di basket ai tempi molto interessante. Campionessa e vice-campionessa della Pro A tra il 2009 e il 2011, la compagine ha “ospitato” la giovane stella proveniente dai Florida Gators per tre gare di campionato e una di EuroCup. Fun fact: la prima doppia-doppia della carriera (14+11 rimbalzi) è arrivata contro Chalon, squadra che vincerà il titolo proprio alla fine della stagione 2011-2012.
JORDAN FARMAR al Maccabi Tel Aviv
Non ci sarebbe nulla di strano in questa chiamata. Un onesto mestierante nei Lakers pluricampioni NBA va in una top europea come il Maccabi Tel-Aviv al fine di prepararsi per la prima stagione con i New Jersey Nets. Quello che rende particolare quest’esperienza non è la cronistoria, né sono le medie (molto interessanti, soprattutto il 14.1 punti in EuroLega). Bensì l’accoglienza magica che i tifosi del Maccabi gli riservarono all’aeroporto. Farmar era ai tempi l’unico giocatore statunitense di fede ebraica in NBA. Cresciuto secondo i dettami del Talmud, il playmaker californiano aveva acquisito anche il passaporto israeliano. Fu forse una scelta di cuore oltre che di portafoglio, ma tutto fu ripagato: solo vittorie tra campionato e Lega Adriatica, due sole sconfitte su sette gare in EuroLega e la Coppa di Lega israeliana in saccoccia. Farmar tornerà in Europa poco dopo. Prima al Darussafaka e poi ancora al Maccabi. Al cuor non si comanda.
KENYON MARTIN ai Xinjiang Flying Tigers
Tra tutti quelli in elenco è sicuramente il giocatore impiegato per più mesi nel campionato ospitante. L’ala ex Nets e Nuggets infatti firmò un ricco contratto (il più ricco nella storia della China Basketball Association ndr.) per giocare con i Xinjiang Flying Tigers per la stagione 2011-12. Il contratto non prevedeva alcuna clausola di “uscita” in caso di riavvio del campionato, con il lungo tenuto a concludere il campionato in Cina anche in caso di inizio della NBA. La pressione esterna di Martin e del suo agente Andy Miller fecero sì che le parti trovassero l’accordo definito: un buyout solo alla fine del campionato cinese. Martin dovette attendere sino agli inizi del febbraio successivo per tornare in Colorado. Nella parentesi cinese Kenyon non fece mancare l’impegno: in dodici partite giocate quasi doppia-doppia di media (13.9 punti e 9.7 rimbalzi) con 4 doppie-doppie e secondo miglior record personale di 21 rimbalzi contro i Jiangsu Dragons.
TYREKE EVANS alla Virtus Roma
In Italia fece tanto notizia la possibilità che Kobe Bryant, in uno spirito di nostalgia verso l’amata Emilia, decidesse di prendere l’aereo direzione “Guglielmo Marconi” per vestire i colori bianconeri della Virtus Bologna. Nonostante le varie dichiarazioni dell’epoca da parte di Sabatini, questo non accadde. Ne parliamo anche qui. E se si pensa possa essere questo il più grande what if del campionato italiano, beh vi sbagliate di grosso. Perché si è andati molto più vicini al colpaccio nella Capitale. Allora stella dei Sacramento Kings e Rookie of the Year 2009-10, Tyreke Evans aveva trovato un accordo con la Virtus Roma intorno alla fine di novembre e, come consuetudine, le parti avevano previsto una clausola in caso di stop del lockout. Stop che avvenne esattamente appena due giorni dopo. Il team manager Bonora sottolineò il rammarico proprio qualche giorno dopo, chiarendo come “un personaggio come Evans avrebbe fatto bene al mondo del basket e a Roma“. La Virtus si consolò con Marco Mordente ma concluse 13esima, mentre Evans non riuscì a portare i suoi alla post-season. Lose-lose situation.
BRIAN SCALABRINE alla Pallacanestro Treviso
Ultimo, ma assolutamente non per importanza, il White Mamba, che decise di portare i suoi talenti a Treviso prima di tornare ai Chicago Bulls, dove concluderà definitivamente la carriera pochi mesi dopo. Arrivato alla corte dei Benetton in prova, il lungo campione NBA con i Boston Celtics riuscì a strappare un contratto e a conquistare coach Djordjevic e il DS Sartori. Il biancoverde probabilmente gli donò la fiducia necessaria; in quelle 10 partite tra EuroCup e campionato, Scalabrine riuscì a convincere tutti di essere ancora in grado di potersi migliorare. Non è un caso se alcune delle sue prestazioni italiane siano nella sua personale top five: la gara contro Cantù con 15 rimbalzi (massimo in carriera) e 23 di valutazione (seconda migliore valutazione) o i 18 e 16 punti segnati rispettivamente ad Avellino e Caserta (#3 e #5 prestazione per punti) dimostrarono forse che il suo livello era quello europeo. E che probabilmente tutti lo sottovalutarono troppo negli anni.
Di quell’esperienza egli disse, pochi anni più tardi: «Mi sono davvero divertito, e sono migliorato tantissimo come giocatore in quei 3 mesi. […] quando sono tornato in NBA ho giocato il miglior basket della mia carriera grazie ai miglioramenti fatti qui. Dell’Italia mi hanno conquistato il cibo e la semplicità del gioco, che credo fosse particolarmente adatto alle mie caratteristiche. […] Mi dispiace che sia durata solo 3 mesi, ma avevo la chance di tornare in NBA». Dispiace anche a noi Brian, dispiace anche a noi.
fonte immagini: legabasket.it, eurohoops.com, twitter.com, restreaming.squarespace.com, imago
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