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Come i Boston Celtics hanno dominato i Brooklyn Nets

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“We’re not scared of anybody and we’re not running for anybody”  – Ime Udoka

Le parole del coach dei Boston Celtics, rilasciate prima dei Playoffs e ricordate alla fine di gara 4, suonano profetiche e al contempo minacciose per tutta la Eastern Conference al termine della serie contro i Brooklyn Nets, eliminati con un secco 4-0 (ottavo sweep nella storia dei Celtics). Al termine della regular season in pochi avrebbero voluto trovare i Nets di Durant e Irving al primo turno e di certo ancora meno avrebbero pensato che potessero essere eliminati così nettamente, quando a inizio stagione erano dati per i favoritissimi per la vittoria finale. Ma come hanno fatto i Celtics a vincere questa serie in modo così schiacciante?

 

La difesa su Kevin Durant

Dopo una partenza a rilento (23 vinte e 24 perse), Boston ha chiuso la stagione regolare con 28 vittorie nelle ultime 35 partite, dimostrandosi la miglior difesa della Lega: 1° per defensive rating (106.2 punti subiti su 100 possessi), 1° per percentuale concessa dal campo (43.4%), 1° per percentuale concessa da 3 (33.9%), 2° per difesa al ferro (61.5% concesso) e 2° per stoppate (5.8 a partita). Con un attacco a metà campo che ristagnava nella mediocrità, la ricetta di coach Udoka non poteva che partire dalla metà campo difensiva e il mantra è stato quello di sfruttare le caratteristiche dei suoi giocatori, puntellando il roster sapientemente alla trade deadline, per costruire una difesa versatile, atletica, intensa e rapida. Le braccia lunghe e attive, unite alla velocità negli scivolamenti, nei recuperi e negli aiuti consentiva ai Boston Celtics di cambiare con efficacia in quasi tutte le situazioni, sfiancando i propri avversari sempre costretti a sudarsi ogni singolo punto, trovando poco spazio nel pitturato e dovendosi accontentare di tanti tiri dal midrange (2° per numeri di tentativi concessi dalla zona meno pregiata nel basket NBA di oggi).

Zach Lowe, sempre molto preciso e analitico nelle sue dichiarazioni, ha definito quella dei Boston Celtics la miglior difesa mai vista, per come cambiano e per come non commettano errori. Se hanno contro due non tiratori (Drummond o Claxton e Bruce Brown) possono raddoppiare, aiutare, recuperare e chiudere gli spazi come nessuno.

Tutto questo è ciò che si è trovato davanti Kevin Durant, mai così in difficoltà in tutta la sua carriera. Per arginare uno dei migliori giocatori di sempre, coach Udoka ha dato regole chiare che i suoi giocatori hanno eseguito in maniera eccelsa per quasi tutti i possessi della serie:

  • far sentire il fisico costantemente anche in ricezione o lontano dalla palla
  • per limitare il suo spazio di manovra e mandarlo fuori ritmo quando ha la palla in mano mostrare sempre due mani (una verso il petto e una verso l’anca, ovvero sia dove KD porta il pallone per costruirsi il suo tiro in sospensione)
  • nei pick and roll in cui è usato come palleggiatore il difensore del bloccante fa sempre uno show aggressivo
  • nelle situazioni di isolamento mandare sempre due o tre uomini a contestare il tiro o sulle linee di penetrazione per proteggere il ferro.

Stare così attaccati all’attaccante può consentire una maggiore facilità nell’essere battuti in palleggio ma la garanzia di avere sempre un aiuto dai compagni e l’abilità nel muovere i piedi ha permesso ai difensori di Boston di limitare Durant, mandato fuori ritmo e reso meno confortevole nel trovarsi sempre così tanta gente addosso o intorno. Lavorare così intensamente su un singolo avversario espone dei punti deboli che Boston ha scelto con coscienza, speculando sugli altri giocatori dei Nets decidendo piuttosto di farsi battere da quest’ultimi, anche a costo di lasciare lay-up facili o tiri da tre non contestati (come quelli lasciati ai Brown e Dragic di turno).

 

Minuti decisivi di gara 2, sempre isolamenti per Durant. Nel primo riceve statico lontano da canestro ed è costretto a un tiro senza ritmo mani in faccia, nel secondo Tatum lo porta esattamente dove vuole, verso l’aiuto di Brown che legge perfettamente la scelta del palleggio-arresto-tiro e arriva la stoppata. Notare che l’area è sempre protetta e sconsiglia l’avvicinamento al ferro, mentre le mani dei difensori dei Celtics sono sempre attive per sporcare eventuali passaggi o rendere ridottissimo lo spazio di manovra.

E i risultati sono sotto gli occhi di tutti: prima dei 39 punti in gara 4 (tirando comunque sotto il 42%), Durant ha messo a segno solo 19 tiri nelle prime tre gare con il 36.6% a fronte di 17 palle perse, con le chicche dei soli 11 tiri tentati in gara 3 (10 in meno della sua media in carriera) e lo 0/10 dal campo nel secondo tempo di gara 2 (0/9 nei jump shot, nei quali KD è leader assoluto con il 48.9% in carriera).

 

Ime Udoka ha dominato Steve Nash

La battaglia tra i due coach è stata un autentico massacro. Steve Nash ha perso su tutta la linea contro colui che l’anno scorso era uno dei suoi assistenti e che, alla sua prima stagione da capo allenatore, ha saputo tirare fuori il meglio dai suoi dopo un inizio di stagione complicato fino ad arrivare al secondo posto a Est e preparare questa serie in modo eccellente.

Gara 4, è interessantissimo vedere in pochissimi secondi tre cambi difensivi di Grant Williams che può prendere indistintamente Durant, Irving e Curry. Nessun vantaggio generato, Irving spinto sul lato (esattamente dove vuole la difesa), raddoppio, palleggio chiuso e palla persa. 

È lecito chiedersi però cosa avrebbe potuto fare il coach canadese dei Nets, mai in grado di compiere gli aggiustamenti corretti per ribaltare la superiorità dei Celtics. Su tutto, ci si aspettava di vedere Durant coinvolto molto più in post o come bloccante e meno come palleggiatore, dopo le difficoltà avute nei primi episodi della serie e a fronte di tutte quelle palle perse che ha generato (5.25 a partita). Le capacità in isolamento di Durant sono fuori discussione, ma avere così tanto la palla in mano e costringerlo a una notevole battaglia fisica per fargliela prendere, anche solo con un consegnato, fa sprecare molta più energia di quanto possa fare uscendo dai blocchi o se usato come bloccante in un pick and roll letale con Kyrie Irving, come fa notare Draymond Green tra gara 2 e gara 3.

A proposito del grande ex: escluso il furibondo quarto quarto di gara 1 (7/9 dal campo e 4/5 da 3 punti), per il resto è sempre stato sottotono (38.9% dal campo e 4/16 da 3 punti) perché Udoka ha sguinzagliato su di lui Marcus Smart, neo difensore dell’anno, e nella metà campo difensiva lo ha puntualmente e ripetutamente attaccato ritenendolo l’anello debole, tanto che nelle prime 3 gare della serie come difensore primario ha concesso il 56.7% dal campo e 20/28 all’interno dell’area (dati via NBC Sports Boston). Anche in gara 4 tanti dei parziali di Brooklyn sono stati interrotti quando Boston ha attaccato il suo figliol-non-tanto-prodigo.

Infine Nash non ha mai trovato continuità “dagli altri”, se non a sprazzi da Claxton (a parte il pazzesco 1/11 ai liberi di gara 4) e da Blake Griffin, scongelato e forse tenuto troppo a lungo in panchina a inizio serie vista la grinta messa in campo nelle ultime due partite. Bocciato Drummond, in difficoltà palese fuori dall’area e poco incisivo nel far valere la sua stazza, tenuto a 0 minuti LaMarcus Aldridge. Di sicuro ha pesato molto l’assenza di uno come Joe Harris, altro tiratore oltre ai vari Mills, Dragic e Curry ma a differenza loro in grado di giocare da 4 tattico e difendere i lunghi avversari fuori dall’area, rispetto alle guardie di cui sopra che hanno anche segnato in certi frangenti ma sofferenti in difesa.

Ime Udoka invece ha giocato un attacco molto più semplice e completo, a fronte di un talento nettamente inferiore, potendo contare quasi sempre su 5 giocatori che potessero segnare da 3 e aprire il campo (tranne con il rientro di Robert Williams che però può portare ben altri pericoli, come schiacciate, rimbalzi offensivi e protezione del ferro). Partendo dalla difesa ha potuto generare tanto attacco in transizione (1° in questo inizio di Playoffs con 152 punti su 100 possessi) e sfruttando meno ma con maggior sapienza l’attacco in isolamento (giocato comunque bene, 2° con 126 punti su 100 possessi), muovendo la difesa e sfruttando i mismatch nei cambi che i Nets fanno meno bene avendo uomini meno adatti. Gli isolamenti dei Nets, per rendere l’idea, hanno generato solo 80 punti su 100 possessi, tirando con il 32.3% dal campo: a parte i Celtics solo altre due squadre concedono meno del 40%.

 

Le giocate decisive di gara 1, che hanno indirizzato la serie: non viene lasciato il minimo spazio a Irving raddoppiato da Horford anche fuori dall’area, non viene concessa la penetrazione ma solo uno scarico difficile a KD che è costretto al tiro contestato sulla sirena. Udoka non chiama timeout per non far schierare la difesa, Brown attacca con decisione il canestro e sia lui che Smart sono bravissimi nel pazientare e non tirare. Contatto visivo con Tatum che taglia, non seguito da KD, e primo buzzer beater nella storia dei Celtics ai Playoffs.

A parte Tatum e Brown, Udoka ha ottenuto dividendi clamorosi dai suoi lunghi (citofonare a Bruce Brown per i commenti pre gara 1), decisivi in gara 2 nel tenere a contatto i Celtics con 48 punti complessivi tirando 17/23 dal campo, e responsabilizzando tutti dalla panchina, anche chi era chiamato a dare minuti di qualità in poco tempo come Payton Pritchard (10 punti consecutivi in gara 2 e 3 con ottime percentuali e tiri pesanti). Su tutti una menzione per Grant Williams, clamoroso in certi frangenti su Durant e letale da tre punti in tanti frangenti della serie.

Ecco cosa può dare un giocatore come Grant Williams che può marcare 4 ruoli (a tratti anche 5), cambiare su tutti i blocchi e poi mettere tiri pesanti: l’omonimo Robert finta il blocco verso il palleggiatore ma lo fa per liberare Tatum, passaggio in the pocket di Smart per lo stesso Tatum che non è seguito benissimo da Mills, la difesa collassa e Williams segna una delle sue 8 triple di questa serie (8/12 dopo gara 1, 4 in gara 4).

The Jays Brothers

Ma ciò che fa ben sperare i tifosi dei Boston Celtics sono le sue due giovani stelle, Jaylen Brown e Jayson Tatum. Danny Ainge prima e Brad Stevens poi hanno sempre puntato su di loro, andando oltre lo scetticismo di chi pensava che fosse il caso di cambiare strada e cedere almeno uno dei due per ricostruire. E sembra arrivato il momento della riscossione, visti i recenti miglioramenti dopo le critiche su come non coinvolgessero i propri compagni.

In un podcast dopo gara 1, Tracy McGrady ha detto di aver lavorato nel 2018 con Jaylen Brown sulla meccanica di tiro e su come selezionare i tiri da prendere per fare meno fatica e meno palleggi. E in più ha detto a lui e Tatum di migliorare la capacità di fare assist e di coinvolgere gli altri. Presto detto: Brown ha avuto una percentuale di assist del 18.8% nelle ultime 33 gare di regular season, 17.3% in questa serie che lo mette nel 89° percentile tra le ali (due anni fa era a 9.6%), per Cleaning the Glass.

Tatum non ha mai smesso di fare canestro da quando è entrato nella Lega, ma a livello difensivo e di lettura del gioco quest’anno ha alzato clamorosamente l’asticella: 7.5 assist di media in questa serie e soprattutto la difesa su Durant.

Brown in più contro i Nets ha segnato 8.5 punti di media nel solo quarto quarto (14/23 dal campo) ed entrambi sono nei primi quattro per deflections a partita in queste prime gare di Playoffs: Tatum 1° con 5.5, Brown 4° con 3.5 (a cui aggiunge però 2.5 recuperi, 2°).

Il futuro dei Nets ora è sempre più nebuloso, considerando la grana Ben Simmons. Quello dei Boston Celtics invece sembra sempre più roseo. In attesa di Giannis.

 

fonte stats: laddove non specificato sono prese da nba.stats.com-

* i tweet con le statistiche di Tatum su Durant e di Smart su Irving non includono gara 4.

Michele Manzini

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