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Dame Lillard e la violenza delle pistole negli Stati Uniti

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Oakland, 2008.
Al termine di un allenamento finito tardi, un ragazzo appena 18enne attende alla fermata che l’autobus lo riporti a casa. Il tragitto è lungo, ma questa routine va avanti da anni; d’altronde la pallacanestro è tutto. Ma Oakland, alle porte della notte, non è un bel posto dove stare.
Il ragazzo vede tre figure avvicinarsi, cerca di fare finta di niente, ma è chiaro che stiano camminando nella sua direzione. Il trio infine gli si ferma davanti, blocca le vie di fuga, e chiede di porgere il portafogli.

Se nasci e cresci in quelle zone non sei l’ultimo degli arrivati o degli sprovveduti. Come nei più classici dei paragoni tra l’ambiente urbano e la giungla, sei diventato un essere capace di adattarsi, di resistere, di reagire. Il ragazzo dunque non cede, e con il borsone al collo spintona uno dei tre rapinatori.
I quali, a questo punto, decidono di passare al livello successivo.
Tirando fuori tre pistole.
Armi da fuoco cariche, pronte ad uccidere prima che possa essere emesso il minimo grido di aiuto, per strappare un paio di dollari a un ragazzo. Storie di ordinaria criminalità.

Il ragazzo fa i conti: la resistenza comporta la morte, l’istinto di sopravvivenza prevale. Tira fuori il portafogli e cede il prezioso bottino agli assalitori: chissà quale serata alternativa, quale paradiso sulla terra si saranno assicurati con quei 10 dollari. Poi scappa via, lontano, ancora vivo, dando ancora più concretezza a quel suo obiettivo di fuggire non solo lontano da quella fermata, ma proprio dal ghetto, e di non terminare quella sua corsa finché non ci sarà riuscito. Lui, e tutta la sua famiglia tra le braccia.

Quella di Damian Lillard è una delle classiche storie della pallacanestro americana. Infanzia difficile, cresciuto in uno dei peggiori quartieri della California, tanti sport ai quali offrire il proprio talento, il derby football-pallacanestro vinto da quest’ultimo. E il basket contemporaneamente a fungere come ancora per resistere nella tempesta dell’infanzia e dell’adolescenza.

Dame ora vanta un contratto da 29,8 milioni di dollari, oltre ai proventi delle sponsorizzazioni e dalla sua carriera discografica: se dovesse incontrare nuovamente quel trio nelle stesse circostanze, avrebbe molto più di una decina di dollari da perdere. Quello stesso ammontare lo guadagnerebbe entro gli 11 secondi successivi alla rapina.

L’episodio ha comunque avuto un impatto notevole sul Lillard giocatore, scelto alla n.6 al Draft del 2012, e soprattutto sul Lillard uomo, tanto da renderlo una delle principali voci all’interno della NBA per quanto riguarda la sensibilizzazione sul dilagare della violenza delle armi da fuoco negli States. Una violenza tale da renderli di gran lunga il primo Paese tra quelli a reddito elevato per tasso di omicidi, con 1.4 milioni di morti da armi da fuoco tra il 1968 e il 2011. Non è quindi difficile pensare che quegli stessi rapinatori, a distanza di 13 anni, non siano più tra noi, ma che siano stati portati via da qualche animale più grosso nella giungla di Oakland.

Dame lo sa benissimo, non solo per averlo vissuto in prima persona. Negli ultimi mesi, tra lutti per il Covid e per altri mali in famiglia, Lillard ha perso suo cugino in una delle centinaia di sparatorie all’ordine del giorno. Altri due amici stretti non torneranno più nelle proprie case di West Oakland, per lo stesso identico motivo.

«Penso che crescendo in quel tipo di ambiente sia troppo facile avere accesso alle armi», ha dichiarato Dame in un’intervista a NBC. «Penso che sia da lì che parta tutto. Come fanno queste persone a procurarsele… Molte di esse sono in possesso di armi e non hanno una ragione o un diritto per averle».

Ma le cose difficilmente cambieranno. «Onestamente, è difficile veder cambiare la situazione a causa della libertà di accesso alle armi che la gente ha. Ho troppa familiarità con questo. Sono andato al liceo con persone che avevano pistole nei loro armadietti, nei loro zaini sull’autobus. Ragazzini di 12, 13 anni che hanno delle pistole. Quindi, voglio dire, non so come si possa tenere tutto sotto controllo. Non ho davvero le risposte. Non so davvero cosa può essere fatto o cosa dovrebbe essere fatto».

Quello che è certo che è la pallacanestro può fungere da salvezza, come lo è stato nel caso di Dame e di tanti, tantissimi altri giocatori all’interno della NBA. Grazie alla palla a spicchi, Lillard ha assicurato a suo figlio Damian jr. e ai gemelli Kali e Kalii un’infanzia diversa, libera dalla violenza con cui ha dovuto fare i conti lui.
Nella speranza che questo futuro possa venire assicurato a tutti i ragazzi di West Oakland, della California e degli Stati Uniti, che non possono ancora aspettare l’autobus in tranquillità al termine dei loro allenamenti.

Gabriele Buscaglia

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