Achille Polonara

Achille Polonara racconta il suo percorso, dalle cure alla reazione dei figli

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Achille Polonara ha raccontato a Il Corriere della Sera le sue ultime settimane. Il giocatore della Virtus Bologna ha spiegato come si sta articolando il suo percorso di cure a Valencia e la reazione della sua famiglia, specialmente dopo il suo ritorno in Italia.

Quando ho lasciato l’ospedale, ho subito sentito che andava tutto meglio. Ho percepito una nuova forza dentro di me, come se finalmente potessi ricominciare a respirare. Il video con i miei figli è nato in modo totalmente spontaneo. Erika mi ha detto: “Aspetta a uscire dalla macchina.” E poi li ho visti corrermi incontro. Che emozione, dopo più di un mese e mezzo che non li vedevo! La mattina dopo, svegliarmi con loro nel lettone è stata una sensazione bellissima. Hanno praticamente sfrattato mia moglie Erika: volevano dormire con il papà. In realtà, a loro non avevamo nemmeno detto che ero in ospedale. Mia suocera ci ha dato una mano, soprattutto quando Erika era con me. Sono ancora piccoli: Achille jr ha tre anni, e Vitoria ne compirà cinque a novembre. Lei però, ha già capito che qualcosa non va. Le femmine, si sa, sono più sveglie. Durante le videochiamate dall’ospedale, ha notato subito che mi erano caduti i capelli. È andata da Erika con tono arrabbiato: “Mamma, mi hai detto una bugia. Se gli sono caduti i capelli vuol dire che papà ha una cosa grave, come l’altra volta.”

Polonara poi è tornato al momento in cui ha scoperto di avere la leucemia e ha spiegato come mai si sia spostato in Spagna per curarsi.

Ricordo bene il momento in cui mi hanno comunicato la diagnosi: leucemia mieloide acuta. È stato come passare dal buio assoluto al terrore più profondo. Anche al Sant’Orsola di Bologna hanno fatto fatica a dirmelo. L’ematologo è entrato e ha detto: “Non ci sono buone notizie.” Poi si è fermato, quasi impacciato. Non era che non sapesse cosa dire… voleva solo trovare le parole giuste. La verità è che quando senti la parola “leucemia” ti spaventi, ma capisci davvero quanto sia dura solo quando cominci le cure.  Ho scelto di spostarmi a Valencia perché lì erano già disponibili delle pastiglie specifiche che potrebbero ridurre il rischio di recidive. A Bologna, invece, sarebbero arrivate solo a settembre e sarebbe stato tutto più complicato. I medici del Sant’Orsola mi hanno consigliato questa strada. Il primo ciclo di chemio l’ho fatto proprio lì: sette giorni attaccato alla flebo, con dentro di tutto — chemioterapia, liquidi, antibiotici, boccette antinausea. Poi ho iniziato il trattamento con queste nuove pastiglie, che prendo da più di due settimane. Martedì dovrò sospenderle per qualche giorno. Dal 4 agosto, invece, inizierò il secondo ciclo di chemio, sempre a Valencia. Una volta concluso, tornerò a Bologna per il trapianto di midollo al Sant’Orsola.

Dopodiché l’ala ha parlato della vicinanza del mondo del basket, in particolare la Virtus e la Nazionale.

Nonostante tutto, sento una vicinanza incredibile dall’Italia. L’affetto che mi arriva è travolgente e mi aiuta tantissimo ad affrontare le cure. I ragazzi della Virtus Bologna sono stati fantastici quando sono venuti in ospedale a portarmi la Coppa dello Scudetto. La sensibilità di Belinelli mi ha colpito davvero. Poi ci sono gli azzurri. Il c.t. Pozzecco mi scrive ogni giorno, ormai lo considero quasi un fratello maggiore. Spissu è il mio amicone. Per i tifosi, noi due siamo come Gaspare e Orazio. A tutti loro ho detto: “Avete un Europeo da giocare tra poco… fatemi un regalo, perché sarò il vostro primo tifoso.”

 

[Foto: FIBA]

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