Tragedia: opera e rappresentazione drammatica che si caratterizza per uno svolgimento e soprattutto una conclusione segnati da fatti luttuosi e violenti, da gravi sventure e sofferenze.
La stagione dei Dallas Mavericks sembra scritta appositamente per mettere in scena un’opera teatrale degna delle migliori tragedie classiche.
PROLOGO
Nel corso dei Playoff 2022, i Mavericks avevano raccolto più di quanto potesse ambire una squadra con un roster nella media. L’addio di Jalen Brunson durante la free agency aveva però impoverito ulteriormente una franchigia ancora una volta incapace di decidere quale strada intraprendere. A roster, però, c’è Luka Doncic, uno dei giocatori più entusiasmanti della NBA. L’impressione è di non aver mai visto un talento del genere arrivare da oltreoceano, e i Playoff 2022 hanno certificato questa percezione anche in America.
In una Western Conference mai così equilibrata e corta in classifica, Dallas vantava un record superiore al 50% alla pausa per l’All Star Game di quest’anno. La vittoria del 6 febbraio (124-111) contro i Jazz aveva inoltre consolidato un record positivo di 29 vinte e 26 perse.
La dirigenza però era consapevole del pericolo di usura per Doncic nel dover affrontare “da solo” una stagione da 82 partite a un ritmo così alto (al massimo in carriera per minuti giocati e Usage Percentage). In un mercato modesto come quello di Dallas, dove i giocatori non fanno a gara per trasferirvisi, non è facile operare aggiustamenti in corsa. Serve programmazione, e l’attuale staff non ha certo brillato da questo punto di vista, cambiando più volte idea su quali elementi mettere attorno alla propria superstar.
L’occasione si presenta “da un giorno all’altro“. Dando uno sguardo al curriculum emotivo di un giocatore come Kyrie Irving, è lecito immaginare che qualcuno abbia timidamente alzato la mano per chiedere “Ma siamo sicuri?”. A Dallas invece ci pensano mezza giornata: è l’opportunità per dimostrare a Doncic che le intenzioni della franchigia sono serie. Si tratta di una situazione in cui le franchigie troppo spesso si trovano costrette a compiere il passo più lungo della gamba, non per i risultati, ma per rassicurare le proprie stelle, figure attorno alle quali ormai girano intere squadre. Inoltre, il contratto di Irving è in scadenza. Quanto potrebbero andare storte le cose?
PARODO
Dopo la pausa per l’All Star Game i Mavericks dovevano affrontare uno dei calendari più “facili” della Lega: 13 delle 22 partite rimanenti si sarebbero giocate contro squadre con un record – in quel momento – inferiore al 50% di vittorie (tre volte San Antonio e due volte Charlotte), disputando 7 delle prime 9 partite in casa (alla fine record di 3 vinte e 6 perse).
La prima partita di Irving con la maglia di Dallas è contro i Clippers, l’8 febbraio: Doncic è fermo per un problema alla caviglia, ma i Mavs vincono 110-104. Da qui in poi seguono 8 vittorie e 16 sconfitte. L’insieme di delusione, frustrazione e incredulità è tanta: la squadra non funziona, non solo in difesa. La gestione dei finali di partita lascia interdetto chi guarda le gare di Dallas.
Subentra allora un terzo personaggio nella storia: Jason Kidd. Nella sua breve carriera da capo allenatore, Kidd ha dimostrato di essere spesso inadeguato. Il suo più grande e unico merito è stato quello di aver aiutato un giovanissimo Giannis Antetokounmpo a muovere i primi passi nella NBA. Non si legge il nome di Kidd quando si parla dei migliori allenatori in circolazione. Da inizio stagione i Mavericks hanno faticato a schierare una difesa vagamente efficace e con l’arrivo di Irving lo staff ha accetto il fatto di non poter migliorare questo aspetto del gioco, a fronte però di un talento offensivo enorme a disposizione. Con l’ex Nets e Doncic in campo contemporaneamente era impossibile non godere delle iniziative e dello spazio che si sarebbe venuto a creare nella metà campo offensiva. L’attacco è risultato invece lento, stagnante, poco fluido e totalmente dipendente dalle iniziative della coppia. Il “core” della squadra non è mai risultato coinvolto nel gioco. Sono cresciuti i numeri, ma la qualità del gioco e l’efficienza offensiva scarsa non hanno compensato una difesa che faceva acqua su tutti i fronti.
ESODO
Il record finale della coppia Doncic-Irving su 16 partite insieme è di 5 vittorie e 11 sconfitte (con un doppio KO molto pesante in 3 giorni contro Charlotte). I Dallas Mavericks dopo la vittoria del 10 febbraio ottenuta contro i Kings avevano il 96% di possibilità di fare i playoff. Due mesi dopo, prima della gara contro i Kings, le probabilità erano appena del 6.6%. Sarebbe riduttivo e semplicistico soffermarsi sulle colpe del solo Irving. L’ex Nets ha segnato 27 punti di media in 19 partite con il 50% al tiro. Guardando anche alle statistiche avanzate, Irving ha mantenuto quasi le stesse cifre che aveva a Brooklyn, soprattutto per quanto riguarda l’On/Off sui 100 possessi e l’Usage Percentage. D’altro canto non si può far finta che qualcosa non sia cambiato da quando è arrivato a Dallas. Doncic ha manifestato un malessere condiviso in questi ultimi mesi e le ultime dichiarazioni del talento sloveno hanno sicuramente fatto eco nei corridoi dell’American Airlines Center.
Chiusa con largo anticipo la stagione, a Dallas si è cominciato subito a lavorare in vista di una off-season intensa. Saranno liberati, infatti, quasi 70 milioni di dollari sul salary cap: tra i contratti in scadenza ci sono quelli di Christian Wood, Dwight Powell, Markieff Morris e, naturalmente, Kyrie Irving. I Mavericks saranno in grado di rilanciare le ambizioni della franchigia dopo questa delusione?
I dubbi riguardano soprattutto una dirigenza che dall’arrivo di Doncic non ha ancora deciso come costruire un roster competitivo intorno alla sua stella. È mancato soprattutto il coraggio di spendere. Prima con la rinuncia a Porzingis, poi con la partenza di Brunson. La scelta di puntare su Irving si è rivelata fallimentare, ma si è trattato di un primo tentativo di trovare una soluzione. Il futuro della franchigia non è stato compromesso, manca però chiarezza e fermezza nella guida che vuole prendere questa squadra. Forse l’unico vero rischio corso è quello di aver esaurito i bonus nei confronti di Doncic.
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